Olimpiadi #10. Generi

Un problema serio – e risolto, come dire, per prescrizione – lo è stato per lo sport mondiale la Semenya, figuriamoci se non è un problema che una donna con un alterato livello di testosterone partecipi al pari di altre donne a una gara in cui ci si danno pugni l’un con l’altra, cioè, si usa la forza pura in un sport di contatto. Sì, è vero, è un problema e non lo hanno risolto adeguatamente, un po’ come hanno fatto con l’inquinamento della Senna in cui hanno fatto gareggiare i triatleti giurando che improvvisamente era balneabile. Ok, è un problema. Ma è un problema il genere umano nel suo complesso, uomini e donne che improvvisamente – senza saperne un cazzo di un cazzo di niente – diventano bioscienziati così com’erano diventati tutti virologi nel 2020. E’ un problema – che nell’era Covid ha vissuto il suo acme – che le voci di chiunque assumano un valore, specie se sono voci sguaiate, e che assumano un valore pari o superiore a quella dei veri cultori della materia, che nella bolgia diventano impercettibili. E così come mi dovevo sorbire i sermoncini sul Covid che non esisteva da pensionati postelegrafonici e casalinghe complottiste, adesso devo assistere a lezioncine su testosterone e valori dello sport da magazzinieri e sciampiste, oltre che dalla feccia delle fecce: i politici. Politici di altissimo livello – parliamo minimo di ministri – che dicono che Imane Khelif è una trans, è un uomo. No, mi dispiace, non lo è. Non lo dico io, eh?

Disclaimer: il solo fatto che Salvini abbia espresso un giudizio su questa faccenda, per me è già dirimente. Io sto di default dall’altra parte, per qualsiasi cosa. Amo l’Inter, non voglio il ponte di Messina, sono per una immigrazione controllata, sono contro l’autonomia differenziata e sto per diventare il primo tifoso di Imane Khelif.

Naturalmente, anch’io non sono uno scienziato e non saprei spiegare nulla sulle proprietà del testosterone, se non che a volta provo delle pulsioni mentre gioca l’Inter e mi sento molto forte. E infatti, a differenza di ragionieri di banca e operatrici sociosanitarie che vedo pontificare di Scienza sui social, io lascio parlare la Scienza. Che, per inciso, senza negare che ci sia un problema, afferma che Imane Khelif è senza dubbio alcuno una donna. Che produce in maniera naturale una quantità assolutamente fuori dalla media di testosterone. E’ giusto, stando così le cose, che questa donna combatta con donne con meno testosterone di lei? Non lo so. Il CIO ha deciso così e, se permettete, questa cosa in effetti la deve decidere il CIO, nè io, nè voi, nè i pensionati postelegrafonici, le sciampiste eccetera.

Ok, mi direte: la federazione mondiale bla bla bla. Ma voi sapete di che federazione si sta parlando? Di quella IBA che non è più una federazione affiliata al CIO, da quando fu sospesa nel 2019 per scandali amministrativi e di corruzione? No, è solo per dire che anche tra CIO e IBA c’è un problema, e io mi fido più del CIO di una federazione clandestina che si è spostata in Russia (nazione notoriamente ligia e rigorosa con lo sport, il doping eccetera).

Poi c’è l’Italia che ha un problema, che è un problema soprattutto dei suoi attuali politici, che riflettono in un circolo vizioso quello della pancia di una certa fascia di popolazione: l’ossessione patetica, retrogada, disgustosa, per la questione dei generi, una roba oscurantista al limite del vomitevole. A voi piace? Siamo in democrazia. A me no.

Vannacci, del resto, vende mille volte più libri di me, quindi muto (io). Quanto a Imane Khelif, non è Mike Tyson. In carriera non ha vinto un cazzo di importante. Magari vincerà le Olimpiadi, e sarà una cosa interessante, perchè qui si faranno le fiaccolate e io dalla finestra le guarderò passare ribaltandomi dal ridere. Se invece non le vincerà, sarà l’ennesima manifestazione a cui parteciperà in cui viene battuta da un’altra pugilessa, sicuramente con meno testosterone (perchè nessuna ne ha quanto lei). Finora è andata spesso così, ha perso nove volte in carriera. Con donne, non con uomini. Donne.

Donne come la nostra azzurra che al primo pugno se n’è andata. Questo è spirito olimpico? E’ più olimpica Imane Khelif o Angela Carini? Chi l’ha consigliata di fare una stronzata del genere? Di rinunciare alla sue Olimpiadi in nome di una battaglia che, fino a prova contraria, non ha ragione di esistere? Prendere dei pugni, per un pugile, è l’essenza del gioco. Anche che le armi siano pari, certo, è l’essenza del gioco. Ma non è Salvini o la Meloni a stabilire che ci sia una disparità e a farne una questione che con lo sport non ha più nulla a che vedere. E’ tutta l’Olimpiadi che piagnocoliamo contro arbitri e giudici, ma questa cosa di Imane Khelif è oltre. Il complottismo, l’oscurantismo e il nonsouncazzomavispiegocomevailmondismo sono tre cose che mi fanno troppo girare i coglioni.

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Olimpiadi #9. Felicità

Mi ero convinto di una cosa, riguardo la canoa slalom: che la trasmettessero soltanto per consentire alla Rai di tenere impegnato Bragagna prima dell’inizio dell’atletica. Non mi spiegavo queste lunghe dirette a vedere gente prevalentemente straniera che nuota contromano su un torrente finto. E anche oggi, lo confesso, con l’italiano settimo nella prima manche mi sono chiesto per quale ragione il palinsesto pomeridiano girasse intorno a ‘sta roba. Quindi ti chiedo umilmente scusa, Giovanni De Gennaro.

Del judo e della sua spaventosa fisicità ho già detto. In più, mi ero piuttosto scocciato di vedere perdere e protestare gli italiani (come nel pugilato, come nella scherma), sicuramente con qualche ragione, ok, ma sempre lì a piagnucolare, dai. Vabbe’, oggi ci ha pensato la nostra ragazzona di Roncadelle (anche De Gennaro è di Roncadelle: che acqua bevono a Roncadelle?) a sistemare le cose e a prendere una medaglia che riabilita una spedizione che ne prometteva un tot e stava tornando a casa scornata. Quindi ti chiedo umilmente scusa, Alice Bellandi (e grazie per quel bacio che sdogana un po’ di cose).

La giornata era iniziata male con la marcia (due medaglie preventivate, zero prese, non può andare bene sempre) e proseguita molto bene con il tennis, dove siamo in due semifinali e ce la giocheremo (Musetti è chiaramente in competizione con me per la storia delle imprese, ora vuol fare lo splendido e andare a medaglia con davanti Djokovic ed eventualmente Alcaraz, tzè). Peccato per le fiorettiste, ma con gli Usa perdono quasi sempre, non so perchè. E peccato per la D’Amato quarta nella ginnastica, grande gara. E peccato per il canottaggio, altro quarto posto, i quarti posti sono una roba brutta, meglio quinti o sesti (tra l’altro si può piagnucolare con un certo margine di sicurezza). Comunque tre medaglie al dì è proprio un bell’andare: la prima settimana è sempre da fieno in cascina, poi arriva il difficile.

Ma poi, cos’è il difficile quando a un certo punto vedi Al Bano cantare sul tatami del judo e poi fare un selfie con Snoop Dog? Cos’è il difficile? Adoro le Olimpiadi per questo loro sorprenderti ogni volta che ti rilassi e pensi di avere già visto tutto (e invece no).

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Olimpiadi #8. Imprese

Oggi le medaglie sono arrivate da sport umili, quelli che durante i prossimi quattro anni vedremo solo su Raisport in diretta alle 9 di mattina o in replica alle 3 di notte. Viva i canottieri che si fanno un mazzo così (spiace per la Quadarella, anche lei si fa un mazzo così) e viva la Stanco, che ha uno dei cognomi che in assoluto meno si coniugano con lo sport a un certo livello, in cui essere stanchi è vietato. A proposito di stanchezza, mi sembra opportuno tornare a una delle imprese meno celebrate di queste Olimpiadi, quella di Musetti (il giocatore esteticamente migliore del circuito, peraltro).

Musetti ha esordito nel tennis lunedì alle 15 contro Monfils. A Parigi, appunto. Ma lunedì mattina all’alba si è svegliato che era ancora in Croazia, dove domenica sera aveva giocato (e perso) la finale di Umago durata tre ore contro Cerundolo, finita al tie break del terzo set. Finisce di giocare tipo quasi alle 23,30, poi c’è la premiazione, arriva in albergo che è l’una, non dorme quasi niente per il nervoso, alle sei si alza, va in aeroporto e alle 9 è a Parigi. Va in camera, si riposa mezz’ora, poi mangia qualcosa con la nazionale di pallavolo, poi va al Roland Garros, gioca e batte Monfils.

Io pensavo che il giorno dopo come minimo non avrebbe sentito la sveglia. E invece la sente, si alza, batte Navone e via, lamentandosi perchè c’erano 40 gradi e manco gli davano l’acqua da bere ai cambi campo (questi merdoni del francesi, a livello organizzativo, non sono proprio impeccabili). Oggi ha battuto Taylor Fritz, no dico, Taylor Fritz ed è ai quarti. Domani gli tocca Zverev, sempre a un orario infame. Tra adrenalina e fiducia (perchè di fiducia ne ha un sacco, sta giocando al top da settimane) sta arrivando a vedere il podio e io sarei molto contento per lui.

Credo che ognuno di noi abbia le sue imprese tipo Musetti. Io ne ho due e sono entrambe collocate alla maratona di Reggio Emilia.

2007, è la mia seconda maratona. Parto da Pavia tipo alle 5,45, fa un freddo cane, indosso scioccamente una maglia termica e in macchina col riscaldamento a palla sudo. Quando arrivo a Reggio, vado al ritiro pettorale e prendo freddo. Inizio a sudare, mi sento svenire, vado negli spogliatoi dello stadio (quello vecchio, in centro), mi stendo su una panca e rimango lì a vedere se mi riprendo. Il tempo passa e non ho voglia di alzarmi. Fuori l’altoparlante dice che mancano 5 minuti alla partenza. Boh, provo. Parto per ultimo, mi riprendo bevendo tè caldo ogni 5 km, la finisco.

2015, è la mia quindicesima maratona. Parto il giorno prima, dormo in albergo, l’albergo che avevo notato nel 2007, le vetrine davano praticamente sulla linea di partenza, e mi ero detto: cazzo, se torno a correre a Reggio mi prendo una camera qui. Quando arrivo, e già mi pregusto il mio albergo supercomodo, mi accorgo che hanno spostato la partenza un paio di km più in là, ma vaffanculo, comunque niente, sono lì, tutto a posto. Per il nervoso non dormo. Mi alzo, vado alla partenza, corro, arrivo. Maluccio, ma tutto a posto. Mangio un panino, vado in macchina, torno a Pavia, mi cambio e vado a lavorare (finirò a mezzanotte). Adesso che ci penso: Musetti me spiccia casa.

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Olimpiadi #7. Donne

Non fatemi più vedere il judo. Cioè, io ero rimasto a “non importa sai, c’avevo judo”, a uno sport da combattimento un po’ edulcorato, fatto da bambinetti in accappatoio, e invece è una roba da paura, terrificante, giocano a disarticolare l’altro, fanno leva sulle sue membra, cercano di spezzarsi in due a vicenda, di aggrovigliarsi, di svitarsi e ogni tanto lo fanno (ho visto uno andare via col gomito girato dall’altra parte, stavo per chiamare il 118, per me dico), è una roba violentissima, ogni tanto dovevo fare zapping sulla vela o sul badminton per riprendere colore. Il mio idolo è stato per un paio di pomeriggi un tizio moldavo dagli occhi di ghiaccio e con uno sguardo da bounty killer: per dirvi che cazzo di sport è il judo, questo spietato moldavo è arrivato quarto, pensate a cos’erano gli altri tre. Never more judo, o sostituitelo con un altro degli sport il lista d’attesa, tipo il burraco o l’uncinetto mixed team.

Giornata senza sussulti finchè viene sera e le donne fanno due capolavori. Le spadiste vincono il primo oro femminile italiano fuori dal fioretto, una roba storica per la scherma, ed è stata una vittoria che vale triplo perchè ottenuta con le francesi nella solita bolgia – ormai sto covando una forte insofferenza verso ogni cosa mi ricordi la Francia, roba che se incontro Pavard lo mando affanculo. E poi dopo un meraviglioso confronto letteralmente punto a punto. E poi vincendo alla stoccata di spareggio dopo otto tutte perse (qualcuna rubata), complimentoni, non so se il quel momento pensavano alla legge dei grandi numeri o solo a quanto sono stronzi i francesi, ma fa lo stesso, conta il risultato. La Fiamingo ha vinto l’oro tre minuti dopo che il fidanzato Paltrinieri ha vinto il bronzo negli 800, anche questo dev’essere un record.

Ok, brave le spadiste, ma credo che l’argento delle ginnaste sia una roba (quasi) fuori dal mondo. Nella scherma siamo una nazione guida, nella ginnastica no, e per questo è un argento clamorosissimo. Era da Amsterdam 1928 che non andavamo sul podio con il concorso a squadre, e quella squadra era tutta di Pavia, di questo posso andare orgoglioso. Questa città non esprime solo zanzare, nutrie, Drupi e 883 ma anche eccellenze della più varia natura. Alla Ginnastica Pavese sono affezionato, ci portavo mia figlia e poi andavo a vedere gare nei palazzetti più malfamati di questa provincia, cercando disperatamente notizie sull’Inter e intanto assistendo alle evoluzioni di bambine alle prese con cose più grandi di loro. Viva le ginnaste che sono arrivate seconde dopo quelle marziane della Biles e compagnia bella, viva la bresciana Angela Andreoli che ci ha dato i punti sicurezza con uno strepitoso esercizio al corpo libero, viva le Olimpiadi, viva lo sport, abbasso la Francia, Juve merda.

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Olimpiadi #6. Dorso

Giornata sincopata. Sembrava iniziata bene, con il mio amico Nespoli che trascinava l’Italia ai quarti nell’arco a squadre e Giovanni Toti che passava un turno nel badminton, prima vittoria di sempre di un italiano alle Olimpiadi nel badminton (grazie al cazzo, ma chi ci aveva mai invitato al badminton?) e io sono stato veramente contento per lui. Non bisogna infierire sull’avversario, nè godere per i suoi insuccessi: e infatti sono qui ad applaudirlo, non solo il primo italiano di sempre a vincere nel badminton ma anche il primo presidente di regione ai domiciliari a partecipare a un’Olimpiade e a passare un turno, davvero, bravo Giovanni, siamo tutti con te, la giustizia farà il suo corso ma fino a prova contraria sei innocente, oltre che bravo nel badminton.

Poi il pomeriggio è stato una specie di disastro azzurro, per ogni vittoria c’erano tipo tre o quattro eliminazioni, l’Italia nell’arco esce con la Francia, perde la pallanuoto femminile, perdono un sacco di tennisti, perdono un sacco di schermidori, una pena infinita. Perde ovviamente Nadal con Djokovic e poi si incazza con chi gli chiede se si ritira o no: Rafa, non è che vogliamo metterti fretta ma pensaci, lasciaci di te il ricordo di com’eri.

Mentre si fa sera, esco a mangiare una pizza. Patti chiari: vengo se torniamo entro le 21,17 perchè debbo vedere Ceccon. Sguardi straniti, ma in effetti ottengo la giusta attenzione alle mie istanze e mi spiaggio sul divano alle 21,15 in totale relax. Io non so se avevate visto la semifinale di Ceccon: l’aveva vinta smettendo di nuotare negli ultimi cinque o sei metri, al che mi sembrava chiaro – perchè magari non lo sapete, ma ogni quattro anni divento un tecnico internazionale del dorso – che avrebbe vinto l’oro su quello sborone del cinese. Tanto che un mio collega affetto da ludopatia mi fa: “Se sei così sicuro, giochiamo un centone?” e io gli ho detto “Anche no, gringo, sono contrario alle scommesse elementari”. Quel grandissimo figlio di buona donna mi ha mandato poco fa lo screenshot del cedolino, ha giocato 70 euri e ne ha vinti 192,50 perchè lo davano a 2,75 Ceccon, ma è possibile? 2,75? Io pensavo che lo dessero a 1,10, tipo Inter-Salernitana, quelle classiche partite da 1,10, avete capito. Ma se ne vadano affanculo il mio collega e pure Ceccon e pure la Snai e quelle robe lì, nessuno capisce un cazzo di dorso e in tutta questa incompetenza l’unico che non vince niente sono io, l’espertone.

La serata finisce con il solito furto nella scherma, Macchi meritava l’oro e invece è argento. Cerioni ha finito con una sceneggiata con cui gli americani faranno meme per sette-otto mesi italiani pizza mandolino ecc. ecc. Ora, io dico: avete il corpetto elettrico, i fioretti tecnologici, diciassette monitor, trentasei sensori, ottantacinque computer eccetera, e siamo ancora lì a interpretare ‘ste convenzioni tramite due giudici coreani di cui uno anziano e l’altro pettinato come Callejon? Ma che sport di merda è? Poi si offendono se gli tagliano il programma. Il Var del calcio, al confronto, è il Cern di Ginevra.

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Olimpiadi #5. Biondo

La cosa bella delle Olimpiadi è che, non so, prendi la pistola ad aria compressa da 10 metri: cioè, voglio dire, con tutto il rispetto, ma cosa cazzo è ‘sta pistola ad aria compressa da 10 metri? Chi ne ha mai vista una? La Gazza ne parlerà mai, nei quattro anni che separano la finale olimpica di oggi alla prossima? Eppure io alle 9 ero assiepato sul divano, in solitudine, per vedermi la finale della pistola ad aria compressa da 10 metri e mi sentivo assai sul pezzo. Il fatto è che appena sveglio mi ero fatto un caffè guardando un tg olimpico, ancora in catalessi, e a un certo punto è apparso un tizio sorridente davanti a un palasport che diceva che alle 9 iniziava la finale e c’erano due ragazzi italiani. E quindi mi sono detto: guardiamola. Oh, mi sono pure divertito. Ha vinto in rimonta un tizio cinese che assomigliava un po’ a Enrico Mentana e i nostri due hanno preso le altre medaglie, era tipo 92 anni che non andavamo sul podio con due pistoleri, al che mi sono chiesto: ma con che cazzo sparavano alle Olimpiadi di 92 anni fa, che a Parigi era tutto così ipertecnologico? Sarà stata una roba alla Tex Willer e Kit Carson, avranno messo dei barattoli su una staccionata e pum pum! Comunque grazie a Federico Maldini e Paolo Monna, che adesso tornano per quattro anni nell’iperspazio.

Poi è seguita una giornata un po’ così, bene le squadre ma male gli individuali, quarti posti, quarti di finale, giudici stronzi, cose del genere. Per ingannare il tempo mi sono addirittura visto il Gran premio di F1, vinto da Russell ma con una macchina troppo leggera, per cui è stato squalificato. A me non capiterebbe: ho un tale livello di immondizia in macchina che passerei direttamente nella categoria overweight.

E infine Tete Martinenghi, primo oro italiano, un finto biondo che non si può guardare ma ha fatto una roba grandissima in una gara strana, praticamente una gara a chi moriva dopo, tre finiti in due centesimi, cose da pazzi. Bella l’intervista con Elisabetta Caporale, ormai un genere televisivo come lo sceneggiato o il giallo: ha parlato mezz’ora con ancora il fiatone e poi ha detto “scusa, non so cosa dire”. Una cosa interessante però l’ha detta: “Ora vado alla premiazione ma non canterò l’inno, non lo canto mai, per scaramanzia”. Ma che razza di scaramanzia è? Cioè, uno potrebbe non cantare l’inno per scaramanzia al bar, per dire. Ma sul podio olimpico non lo canti? E quando stracazzo lo canti? Oh, ce n’è dei pirla in giro. Però bravi nei 100 rana. E interisti, peraltro.

P.S. Dopo la premiazione è tornato da Elisabetta Caporale, che gli ha fatto una sola domanda a cui ha risposto: “Non so cosa dire”. Poi ha parlato un’altra mezz’ora finchè in tv non è apparso il monoscopio, mentre i custodi della piscina lo portavano via con l’aiuto di due gendarmi. Elisabetta Caporale ha avuto un calo di pressione ed è stata portata in ospedale da Malagò.

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Olimpiadi #4. Argento

Sabato mattina, prima giornata di gara. Accendo la tv presto, ci sono già un po’ di gare e faccio zapping tra il dressage, le repliche delle drag queen della sera prima e il badminton, su cui mi soffermo per un po’, essendo circa 150 volte più divertente del dressage. Spoiler: mi scuso in anticipo per quello che sto per confessare. Cioè, sto guardando un doppio femminile di badminton e sul divano (mi guardo intorno, sono solo) mi abbandono a questo commento: “Ma quanto sono brutte?”. In particolare: noto che entrambe le coppie sono formate da una ragazza normale e da una bruttissima. Solo dopo circa 3-4 minuti mi accorgo che non era un doppio femminile, ma un doppio misto.

Non è stato un buon inizio, no. Dopodiché la giornata è andata in crescendo. Top Ganna voleva l’oro e non ce l’ha fatta ma è stato battuto da uno fortissimo, lo aspettiamo in pista, dai, non fare quella faccia lì. E poi pioveva, lo avrebbe detto anche Mazzarri. A seguire due bronzi, belli, da Samele nella scherma (a 37 anni, complimenti, parteggio sempre per gli anziani, tranne Djokovic) e dalla 4×100 stile nel nuoto, preceduta da mostri. E’ pieno di mostri alle Olimpiadi, ma mi sembra il minimo. Dopo tutta ‘sta pioggia ci sarà anche un incremento di tonsilliti, temo. Tonsilliti mostruose. Quindi l’importante è stare coperti, per quello che si può. Non sempre è compatibile con la tua specialità, certo. Oggi ho visto le tizie che pagaiavano nel torrente finto, per esempio. Lì c’è da ammalarsi.

Poi io sono preoccupato per Mattarella, che ieri alla sua età è stato sotto la bufera con quelle mantelline che vendono fuori dallo stadio a prezzi da strozzo e oggi è stato abbracciato da Samele che è stato gentile ma è un atleta e poteva stritolarlo: cioè, già gli abbiamo fatto fare due mandati, a Mattarella, almeno conserviamolo.

Martinenghi in finale nei 100 rana con il terzo tempo e con lo stesso parrucchiere di Fognini, mi sembrava giusto sottolinearlo. E quindi, tutto qui? Beh, pur rifuggendo la tentazione di parlare di quello sport fasullo e menzognero che è il calcio, mi sembra che l’impresa della giornata sia stato il 3-0 dell’Inter al Las Palmas nella canicola di Cesena, una risposta al Norimberga e una tortura seconda solo al waterboarding superata con disinvoltura dai nostri beniamini. A luglio si dovrebbe giocare alle sette di mattina, non alle sette di sera. Giuro che non volevo vederla, poi però ho visto la maglia nuova, le stelle, quelle robe lì, e ho fatto zapping con le Olimpiadi. La maglia, con tutte quelle strisce sparse, secondo me sarebbe stata una figata durante la cerimonia inaugurale di Parigi, nella sfilata dei giovani stilisti, il segmento tunz-e-tunz-e-tunz che più mi ha avvinto. Avrebbe spaccato, sì. ” Ma di chi è quella maglia azzurra e nera fantasy?”, “Di un giovane stilista francese”, “Adoro!”.

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Olimpiadi #3. Pioggia

Norimberga-Juve 3-0, partitone. Ah sì, mi ero ripromesso di non parlare più di calcio. E quindi? Ah sì, la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, dimenticavo. Allora, per me la cerimonia ha un punto fermo che io attendo pazientemente per quattro anni: gli uomini della delegazione di Bermuda sono in bermuda. Quest’anno li avevano di un bel rosa carico, è una visione che ogni volta mi rasserena e mi regala certezze e ottimismo in questo momento difficile. Oddio, anche Norimberga-Juve mi ha rasserenato, ma non parlo di calcio fino all’11 agosto. Dunque, torno alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi. Elenco delle altre cose che mi hanno colpito: in tutto l’emisfero boreale si boccheggia e a Parigi è messo a piovere di brutto; gli spettatori erano tutti poliziotti travestiti; ok Bermuda, ma Panama non aveva il panama; Bragagna le pronunce le improvvisa al momento ma sembrano vere; a me le delegazioni che saltano, ballano, agitano le bandierine ecc. ecc. mettono allegria. Ma veramente. E’ uno degli spettacoli per me più allegri del quadriennio, senza dubbio, se non il più allegro in assoluto: se la gioca con altri eventi improntati all’allegria più sfrenata, tipo Norimberga-Juve 3-0. “Ehi, non parlare di calcio!”, ma non è calcio, è allegria, è serenità, e Dio solo sa di quanta serenità c’è bisogno. Perchè non hanno messo Iran e Israele sullo stesso barcone e tutti mischiati? Era il modo più sicuro per evitare attentati (vabbe’, poi dovevi mettere 15mila steward a bordo, la barca affondava e si ricomincia). Una cosa: ma che ordine alfabetico hanno seguito? Vabbe’, ma sono particolari. A me la cerimonia sul fiume è piaciuta, mi ricorda la Festa del Ticino a Pavia, solo un po’ più in grande (tipo che a Pavia non abbiamo i soldi per far venire giù Lady Gaga o Celine Dion, e la sfilata durerebbe 2 minuti e mezzo, però belli). E’ stato un magnifico incrocio tra una cerimonia inaugurale mainstream, Giochi senza Frontiere e l’Eurovision, perchè ogni tanto spuntavano cose kitchissime che non capivo ma mi mettevano un sacco di allegria, tipo (no, non lo dico, non posso. Ha a che fare con la città di un famoso processo) (era solo per darvi una traccia). No, ma quanto pioveva? Un po’ se lo meritano, questi spocchiosi di francesi. Ma un po’ mi dispiace: sarà un anno che fanno le prove e poi piove, roba da tirare giù i santi in tutte le lingue di ogni delegazione, pronunciate da Bragagna che se le inventa ma sembrano verosimili. Tutta ‘sta pioggia non lo augurerei neanche alla Juve quando fanno Juve A-Juve B (non è calcio, è patologia criminale). Figata il tedoforo che fa parkour, figata i grandi ex. La pioggia fa incazzare (fa incazzare anche me: non poteva piovere anche qui, che ci sono 45 gradi a mezzanotte?) però ha anche umanizzato tutto, reso tutto un po’ imperfetto e scivoloso, anche un po’ sexy seppur pericoloso. E alla fine aveva ragione Sinner: con quella tonsillite, minimo moriva. Tre ore di tunz-e-tunz-tunz e poi, maledetti francesi, i dieci minuti finali di pura emozione e grandissima bellezza, compreso Bragagna che non riconosceva nessuno dei tedofori e la mongolfiera braciere, una roba extralusso. Quasi meglio di Norimberga-Juve, giuro.

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Olimpiadi #2. Frecce

La sciagura nazionale della tonsillite di Sinner è già stata metabolizzata. Nessun suicidio nei tennis club, mi pare. Cos’erano poi tutti quei toni apocalittici? Mica avrebbe vinto l’oro: ehi sveglia, si gioca sulla terra, al Roland Garros, e forse – dico forse – sarebbe arrivato al bronzo, al massimo all’argento. L’oro lo vince Alcaraz, l’ho letto nel comunicato della Società reale otorinolaringoiatrica di Murcia, e io ci credo. Il problema poi non è nelle tonsille: il problema è dentro di noi. Un paio di mesi fa, verso sera, aprendo la homepage del Corriere.it la notizia d’apertura era il live di un ottavo di finale di Sinner. Titolo tipo così: “Break di Sinner, ora serve per il set”. C’era Gaza, c’era l’Ucraina, c’era Trump-Biden, c’era un sacco di roba ma la prima notizia della prima testata italiana era che Sinner aveva strappato il servizio a Cerundolo. Il problema siamo noi. Poi Sinner deve ancora mangiare un po’ di pastasciutta, ma questo lo sostenevo in tempi non sospetti, e a questo punto farsi qualche aerosol.

Manca poco alla cerimonia inaugurale, che in un’Olimpiade è sempre tra le top ten delle cose da ricordare. La Francia si divide su Sasha Zhoya, che è un maschio e fa i 110 ostacoli ma sfilerà con la gonna. “Che problema c’è?” dice lui. Ha dovuto chiedere il permesso a 17 federazioni e poi al Cio, ma effettivamente non c’è problema. Quindi: sfilerà con la gonna invece che con i pantaloni. Ieri era la notizia più dibattuta del giorno, poi è arrivato il bollettino di medico di Sinner e questa cosa è caduta nel dimenticatoio, ma domani sarà di nuovo nei trending topic e io sarò lì a cliccare finchè non mi fanno vedere la foto. Che poi, in Scozia, saranno mille anni che gli uomini mettono la gonna e nessuno ha mai rotto i coglioni.

Oggi, per una roba che si chiama ranking round – serve solo per stabilire il tabellone del tiro con l’arco, ma intanto ogni concorrente tira sessanta frecce, che moltiplicate per 64 (concorrenti) fa 3.840 frecce, cioè, non è troppo per una non-gara? – vabbe’, dicevo, oggi è sceso in pedana Mauro Nespoli, che è uno che non se la tira per niente ma è alla sua quinta Olimpiade (tre medaglie), aveva debuttato imberbe a Pechino ed è ancora qua, lo ammiro in casino e lo ringrazio a nome di tutti. Io lo seguo perchè è di Voghera come me, non lo conosco ma gli offrirei una birra analcolica per farmi spiegare che razza di coglioni ci vogliono per fare ‘sti duelli all’ultima freccia senza che il braccio ti tremi come una foglia. Al primo turno nell’individuale – mi pare mercoledì – gli toccherà uno del Bangladesh, e nel mixed team gli toccheranno i kazaki. Spezzagli le reni, Mauro. In maniera incruenta, eh? No, perché siete armati.

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Olimpiadi #1. Tonsille

Di solito quando iniziano le Olimpiadi si verifica un inquietante fenomeno collettivo: diventiamo tutti esperti (questo è normale) di un sacco di cose (questo è un po’ meno normale), all’unisono, pum!. Per i maschi, forse proprio per questo i Giochi sono un momento topico e inestimabile: in difficolta per tre anni e 11 mesi a fare più di una cosa per volta (tipo: caricare la lavastoviglie e guardare il Tg, o una o l’altra, non è facile come sembra), nel mesetto scarso delle Olimpiadi diventiamo tutti esperti di tutto, dal dressage al taekwondo, sport di cui ignoriamo qualsiasi regola (e di cui per 4 anni abbiamo perso le tracce, dimenticandoci della loro esistenza) ma per i quali improvvisamente ci appassioniamo e a causa dei quali guarderemo cinque canali alla volta, fino ai primi fenomeni di dissociazione. Ecco, quindi io stavo già scaldando i miei motori personali per diventare esperto di skateboard, break dance e palline clic clac, le novità assolute di queste Olimpiadi (non sono sicuro sulla terza, ma vabbe’). Finchè oggi, a due giorni dall’inizio ufficiale ma con le prime gare già in corso (quelle robe senza senso tipo Figi-Uruguay di rugby a sette) c’è stato un imprevisto e tutti siamo diventati esperti di:

tonsille.

Ora, solo una piccola percentuale di noi (tipo lo 0,001%) è otorinolaringoiatra, ma oggi tutti lo siamo stati per almeno qualche minuto. Io, per esempio, sono stato anche ortopedico specialista nella mano: “Ma scusate – ho esclamato a un certo punto come colto da una illuminazione divina – com’è che c’è un tizio dell’hockey su prato che si è fatto amputare una falange pur di andare alle Olimpiadi, e invece c’è un altro (che è pure testa di serie n. 1, mannaggia a lui) che ha un pochino di mal di gola e resta a casa? No, ditemelo”. Nessuno me l’ha detto. Io – che nel frattempo ho preso la specializzazione in medicina dello sport – osservo che Sinner è molto delicato. Ha 23 anni e ha male all’anca e soffre i colpi d’aria (praticamente come me, che potrei essere il suo fottuto bisnonno). Va a vedere la fidanzata a Wimbledon e prende freddo, va al mare in Sardegna con la fidanzata e prende freddo.

“Cazzo, ma sta’ a casa!”

oppure, dico io: asciugati la testa dopo che hai fatto il bagno, e mettiti la maglietta della salute se stai fuori fino a tardi. Sono le basi. Riguardati, Jannik. Adesso per farti perdonare devi vincere almeno tre o quattro slam entro la fine del 2025, sempre che durante il sorteggio del main draw non ti siedi vicino a uno spiffero. Djokovic va in finale a Wimbledon 25 giorni dopo l’operazione al menisco, Sinner ha un po’ di tosse e resta a letto, come si faceva a scuola, quando si intingeva il termometro nel tè rovente, “Sto male, muoio, il libretto nelle giustificazioni è nello zaino, ecco, lì”, “Ma non stavi morendo?” “E’ l’ultimo sprazzo di lucidità, forza Milan!” “Oddio, delira!”, ecco, queste cose.

Ma veniamo al fatto agonistico. Marocco-Argentina di calcio è stato uno spettacolo. Horror, ma pur sempre spettacolo. Fischi, sberleffi, petardi, botte, minacce, invasione di campo. Il Var ci ha messo solo due ore ad annullare il gol del pareggio al 105′, la trovo una cosa fantastica. Finale giocato a porte chiuse e stadio vuoto dopo che ne era successa di ogni. De Coubertin sta girando nella tomba da cinque o sei ore, sembra un minipimer. Adoro le Olimpiadi.

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