
Negli ultimi 12 anni, nell’ordine, l’Italia ha fatto un Mondiale 2014 pessimo in Brasile (eliminata da Costarica nei gironi), un Europeo 2016 miracoloso (fuori ai quarti, comunque) in Francia con una squadra modestissima, non si è qualificata ai Mondiali 2018 (scuorno totale), ha vinto gli Europei in Inghilterra 2021, non si è qualificata ai Mondiali 2022 (scuorno bipolare) e ora ha fatto un imbarazzante Europeo in Germania, perdendo due partite su quattro e pareggiandone una al duecentesimo minuto (senza quel gol, non ci saremmo qualificati per gli ottavi e saremmo stati eliminati come vice-peggiore delle terze) (forse sarebbe stato meglio). E’ chiaro che la Nazionale è un enorme problema per noi. I Mondiali che abbiamo vinto nel 2006 sono anche gli ultimi in cui abbiamo passato la fase a gironi. Se per caso ci riusciremo nel 2026 (ormai anche qualificarsi è diventato un grande problema, quindi andiamoci cauti), potremo dire di avere superato un girone ai Mondiali dopo 20 anni. Parlo dei Mondiali perché sono la vera cartina di tornasole. Gli Europei sono molto edulcorati, hanno un decimo dello spessore: non qualificarsi è praticamente impossibile, poi passi i gironi anche facendo cagare a spruzzo e ti trovi agli ottavi persino un po’ spaesati. Nel 2016, Conte fu bravo – è la sua specialità – a spremere il sangue dalle rape. Nel 2021, Mancini aveva messo insieme una squadra in buonissima forma fisica che prese fiducia di partita in partita e sfruttò tutto al massimo: l’entusiasmo, la cazzimma e il culo. Nel 2024, manco la forma fisica ha aiutato Spalletti. Sul resto, stendiamo un velo. L’unica scusante che può essere riconosciuta al povero Luciano è che ha avuto poco tempo a disposizione: di solito un ct ha un biennio davanti prima di una grande competizione, lui ha avuto nove mesi.
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La situazione del calcio italiano è purtroppo questa. Il materiale umano è quello che è, pensavamo di avere avviato il ricambio pensionando Bonucci e Chiellini e mandando in America Bernardeschi e Insigne, sì, bello, ma i problemi sono un pelino più profondi. In questi Europei abbiamo visto una squadra imbarazzante, gestita in maniera altrettanto imbarazzante. Non voglio sparare sulla Croce Rossa e non mi piace trovare colpevoli che non lo sono: se però hai giocatori in evidente difficoltà (Di Lorenzo, per esempio) o con la personalità di un bradipo (Scamacca, per esempio) e li fai giocare sempre; se hai giocatori spremuti e li fai giocare sempre; se hai giocatori adatti a un certo ruolo ma fai giocare al loro posto giocatori fuori ruolo; se convochi 10 difensori e poi non giochi con la difesa a 3 (7-8 bastavano e avanzavano, porta qualcun altro, no?); ecco, Lucianino, avrai anche avuto solo nove mesi di tempo, però potevi fare qualcosa di meglio.
Non è colpa di Spalletti se le mamme italiane non sfornano più talenti e, in particolare, non sfornano più attaccanti. Non è colpa di Spalletti se in Serie A giocano titolari quasi solo attaccanti stranieri, e quindi gli tocca portare delle riserve o genericamente dei giocatori che tipo 20 anni fa (per non dire ancora prima) la Nazionale non l’avrebbero vista manco col binocolo. Però tocca a Spalletti e alla Federazione toglierci da questa palude tecnica e umana, solo lì apposta, mica per fare le pubblicità o tagliare i nastri: manca un progetto vero, mancano i giocatori, mancano le motivazioni, manca gente di un certo profilo che magari getta il cuore oltre l’ostacolo, trascina lo spogliatoio, lavora per il gruppo. La vittoria del 2021 è stata una gigantesca botta di culo nell’arco di 12 anni preoccupanti, di una povertà assoluta. Non c’è tempo, forse, per fare tabula rasa e ripartire. E a dire il vero non abbiamo nemmeno materiale nuovo e pronto che ci consenta di pensare alla soluzione tabula rasa. Però, individuato lo zoccolo duro, bisogna fare in fretta un piano e sostenerlo fino in fondo. Spagna e Svizzera (la Svizzera!) sono due modelli da seguire, per esempio.
Quello che mi scoccia è la rinuncia all’idea stessa della Nazionale come core business del calcio (o, almeno, uno dei core business). Ok, certo, non è facile gestirla nei buchi della mostruosa attività dei club. E non è facile trarre il meglio da ragazzi viziati che non ci credono abbastanza, specie nel corso della stagione (alla fine, poi, sembrano tutti cadaveri). Non ragionano tutti così, nel mondo. Ce ne accorgeremo da qui al 14 luglio, vedendo partite che alcune squadre (o magari entrambe, incredibile!) cercheranno di vincere davvero, mica tirando a campare, perchè ci credono, perchè lo vogliono. Noi saremo sparsi tra Ibiza e Maldive, quelle sì, le nostre comfort zone.