La questione morale

La risposta non era statistica – nel numero dei gol, dei tiri, dei calci d’angolo, del possesso palla. La risposta era morale: dopo un giovedì di black out, serviva ritornare in possesso delle proprie facoltà, compreso l’amor proprio. E poi sicurezza, iniziativa, agonismo. Anzi, furore. Perchè non è più tempo di mezze misure o calcoli conservativi: mancano 14 partite e saranno 13 duelli a distanza, più uno diretto. Bisogna giocare ogni volta a portare a casa il culo, step by step. Il resto viene di conseguenza. Non esiste la tabella. Ne esistono 14. Ci sarà un giorno in cui si metteranno insieme come un puzzle. Ne uscirà il quadro definitivo. Una vincerà, onore a lei.

Ascolta “Aja, aia o ahia?” su Spreaker.

Gli ultimi 8 giorni di Inter e Napoli sono folli. Il Napoli ha giocato due partite e le ha pareggiate entrambe, andando in vantaggio per poi essere raggiunto. Due partite, due punti. Con Roma e Udinese, mica con Real e City. L’Inter ne ha giocate tre, sognava di fare 9 punti e invece ne ha fatti 4, non ha sfruttato l’asterisco e si è appesantita di brutti pensieri. Ha chiuso il trittico con una vittoria di rabbia, sudore, nervi e lampi di bellezza, la risposta di cui sopra, la risposta morale a chi la dava per persa (compreso qualche interista). Comperatevi i pop corn, molti, perché si andrà avanti così per un po’ (l’Atalanta, stando così le cose, è tutt’altro che fuori dai giochi).

Nell’elevare un monumento a Barella, Inzaghi si è goduto un lunedì di rivincita, in cui ha perso un anno di vita ma ha visto decidere la partita alla panchina (Arna gol, assist Carlos, sontuosa mezza partita di Zielinski), la seconda squadra che a volte abbiamo e a volte no, in base a come tira il vento. Gli occhi di tigre invece erano diffusi tra campo e panca, e gli occhi di tigre ti tirano fuori dalle secche. Abbiamo cinque giorni liberi per pensare alla Juve, una sciccheria. Per una volta gli altri giocano in giro per l’Europa e noi guardiamo dal divano.

Vabbe’, parliamo un po’ di arbitri e di Var? E’ un momento pessimo: arbitri fuori fase, Var usato poco e male. Noi abbiamo segnato un gol dopo aver giocato un pallone fuori di 20 centimetri: l’arbitro non ha visto, l’assistente era 15 metri lontano dalla sua posizione, il Var “non poteva intervenire”. Tutto questo mentre il mondo intero, dopo 57 replay, aveva la ragionevole certezza che la palla fosse uscita. Lasciamo stare che eravamo in clamoroso credito, occhei. Ma è giusto così? Direi di no.

Il rigore di Darmian, per quanto coerente con le regole, è assurdo. Gosens che schiaccia di testa contro Darmian, Darmian che manco guarda il pallone, il pallone che sarebbe finito fuori, un pallone perso, inutile, inutilizzabile. E’ un rigore logico, è un rigore giusto? Direi di no.

Se vi va di vedere anche di peggio, riguardatevi Empoli-Milan, una partita devastata dall’arbitro e dal Var con una serie di decisioni tragicomiche. Quello arbitrale – arbitro + Var – sembra ormai un meccanismo sballato, fuori registro, in cui ormai regna un meccanismo randomico delle decisioni. Urge darsi una regolata: se il Var serve solo per il fuorigioco, basta l’intelligenza artificiale. Così ci risparmiamo la pantomima del gabbiotto di Lissone, dove vedono e non intervengono, oppure vedono e interpretano a cazzo: se i retropensieri vengono a tutti, il prossimo step è l’anarchia.


(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #106, io e il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Cioè, si gioca ogni tre giorni: vi mancano gli argomenti? Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , | 182 commenti

Il gioco si fa duro e non ho niente da mettermi

In teoria, sembrava facile. Un’avversaria con gli uomini contati (ha fatto il primo cambio all’87’) e un obiettivo importante, fondamentale, a portata di mano: tre punti, Napoli raggiunto, primo posto, un campionato che finalmente può continuare senza asterischi. Sembrava facile. E invece è stato un disastro.

Non perdevamo con tre gol di scarto da quasi sei anni, maggio 2019, Napoli-Inter 4-1, penultima di campionato (l’ultima sarà quell’Inter-Empoli che ogni tanto ancora ci sogniamo di notte, noi in Champions e l’Empoli in B, crudele, spaventoso). Zielinski segnò l’1-0 per il Napoli. Noi eravamo questi: Handanovic; D’Ambrosio, Miranda, Skriniar, Asamoah; Gagliardini (13′ st Vecino), Brozovic; Politano (1′ st Icardi), Nainggolan, Perisic (35′ st Candreva); Lautaro Martinez.

Ascolta “La Lieta Onoranza” su Spreaker.

Brrrrr, torniamo a oggi. Cos’è successo? Non è stato il braccino del tennista al momento del match point: quale match point?, a vincere ci abbiamo provato per i primi 5′, poi niente, zero, solo confusione. Andando allora a rovistare negli altri sport, mi ricorda di più quella crisi (molto di testa, non necessariamente di gambe) che ti prende verso la fine della maratona, quando ti viene la nausea a leggere i cartelli dei chilometri. Che magari ne hai fatti tipo 38 o 39, te ne restano 3 o 4, cosa vuoi mai che siano rispetto a quelli lasciati alle spalle?, ma non importa, il cervello è in pappa, hai solo voglia di fermarti. La nostra maratona – la rincorsa virtuale al Napoli e a un primo posto vero e non presunto, che dura da molte settimane – era ormai finita, bastava poco, ma ci siamo accasciati sulle transenne guardando lo striscione in lontananza, qualche centinaio di metri che a un tratto ti sembrano anni luce e ciao.

Il paragone con la maratona però non regge. Al 6 febbraio la nostra maratona – intesa come stagione intera – ha giusto passato la metà. Siamo tipo al 23esimo km, quel terreno fisico e concettuale in cui è meglio non pensare troppo a chi sei, dove sei, perchè sei lì, quanto manca. Si mette un passo dopo l’altro, si tiene in ritmo, si cerca di rimanere sul pezzo. Perché non è finita, è ancora lunga, il meglio (o peggio, non è facile distinguere) deve ancora venire.

Mettiamola come si vuole, ma capire l’Inter di questa sera a Firenze non è semplice. Sono sconfitte che capitano ogni sei anni (ah, l’essere abituati bene) e che quindi ci colgono impreparati. E’ un’Inter che stranamente non è esistita, che ha preso tre gol (!) senza segnarne uno (!), che ha rinunciato a essere se stessa, che è sembrata non capirci mai niente, non avere idee, non sapere come uscirne. I tre gol subiti sono un monumento alla mollezza e alla deconcentrazione. Come se questa partita, che ci hanno inserito in calendario quasi da un giorno con l’altro, non l’avessimo considerata. Di fatto, non l’abbiamo giocata.

Due asterischi, un punto. Un bilancio penoso, per le aspettative che avevamo. Adesso, almeno, non abbiamo più riserve mentali: la classifica è questa, il calendario è questo, ora è tutto sincrono, siamo tre punti sotto, testa bassa e pedalare. Ma il punto è questo: ce l’ha, questa squadra, la testa da abbassare e la gamba per pedalare? Siamo in grado di reggere questo ritmo infernale di partite con cui nei prossimi cinque mesi (ma febbraio e marzo saranno determinanti) dobbiamo inseguire quattro obiettivi diversi? Ogni quanto dovremo pagare dazio, tipo a Firenze? Ogni quanto scatterà la partita no? Ogni quanto il meccanismo si incepperà?

L’Inter non è mai apparsa umana come stasera, umana, debole, fallace, il contrario dell’Inter felicemente irreale che la gestione Inzaghi ci ha regalato un tot di volte. Caro Miky, non siamo sempre ingiocabili. Lo siamo a volte, quando funziona tutto, quando il collegamento gambe-cervello non ha interferenze e le tossine non si ammassano sul più bello. L’Inter è umana di fronte a una stagione – per intensità e pressioni – discretamente sovrumana. E’ un problema, certo. Ma siamo qui per questo, per stringerci a coorte quando le cose non vanno come dovrebbero. Forza Inter, ti vogliamo bene anche se sembri non esserti davvero accorta che – tra asterischi latenti e prematuri sogni di gloria – il gioco si è fatto duro, terribilmente duro.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , | 205 commenti

Altrimenti ci arrabbiamo

“Ma che coooosa abbiamo vistoooo?”

Niente di che. Abbiamo visto cos’è il calcio, o lo sport in generale: le cose non vanno sempre nè secondo pronostico nè secondo i valori e la qualità espressi in campo, ma prendono direzioni impreviste e pieghe inaspettate. Ah, e un’altra cosa: le partite finiscono solo quando l’arbitro fa tre fischi intermittenti, l’ultimo un pochino più lungo. E’ successo così a Milano e a Roma stasera, era successo a Bergamo ieri. Dopo tutta ‘sta centrifuga di eventi e di emozioni, dopo 270′ di montagne russe, le prime tre della classifica è come se non si fossero mosse di un millimetro. Non hanno vinto nè perso, tutte e tre. Dopo sette vittorie di fila, il Napoli viene raggiunto al 92′ dalla Roma e pareggia. L’Inter, che in campionato non perde dal 22 settembre (col Milan), sta perdendo (col Milan) ma segna al 93′ e pareggia. E’ il calcio, è lo sport.

Ascolta “Puntata grigliata” su Spreaker.

Per una questione di minuti (di recupero), potevamo essere qui a flagellarci a -6 dal Napoli e invece siamo ancora lì, a -3, con davanti la settimana del secondo asterisco. In fondo, potremmo persino dire di essere fortunati. Che dopo tutto quella che ci è successo oggi è una clamorosa iperbole, ma il calcio e lo sport in generale sono belli anche per questo.

Il gol di De Vrij ci ha evitato la sconfitta (la terza in tre derby nel giro di quattro mesi e mezzo, una sciagura) e anche, almeno parzialmente, la pena di elaborare la sfortuna di una partita maledetta, con quei tre pali del secondo tempo (tre pali a portiere strabattuto), i tre gol annullati (giustamente, per carità, ma tre gol frutto di azioni belle e impetuose) e un altro rigore netto inspiegabilmente ignorato dal Var (in campo, in quel groviglio di corpi rotolanti, l’arbitro non può averlo visto; ma il Var, e tutto il mondo che assisteva agli stessi replay, invece sì). Si è addirittura arrabbiato Inzaghi, uno che ha la soglia dell’incazzatura più alta dell’emisfero boreale, ed è un segnale preciso: siamo sempre quelli della Marotta League, e intanto ci fottono il campionato. E quindi andatevene tutti affanculo.

Anch’io potevo essere qui attonito di fronte alla domenica più clamorosamente ingiusta a memoria d’uomo, se l’Inter avesse perso il derby e il Napoli avesse vinto a Roma, cioè se queste due partite fossero terminate due minuti prima, o se nel recupero non fosse successo niente. Ma dell’Inter non avrei scritto un virgola di diverso: come arrabbiarsi (al netto di qualche fisiologico errore, uno pagato carissimo) di fronte a una partita così, con quasi il doppio del possesso palla, quasi il triplo delle conclusioni, tre pali pazzeschi, un atteggiamento ben diverso dal derby d’andata, la voglia di riprendere una partita che stava sfuggendo, una tensione positiva che andava oltre l’immane frustrazione per quella palla che non voleva mai entrare?

Il gol al 93′, oltre al risultato, cambia solo una cosa: sarebbe stata una partita da bicchiere mezzo vuoto e invece è diventata da bicchiere mezzo pieno. E’ una sfumatura importante alla vigilia di una settimana importante, è la sfumatura che ti cambia il colore dell’umore. Poteva essere una partita stregata carica di segnali negativi e invece diventa una partita stregata in cui ti sei dimostrato più forte della sfortuna. Una partita in cui butti nella mischia uno arrivato il giorno prima e che mette lo zampino nel gol. Tra tanti segnali più o meno propizi, forse un segnale è anche Zalewski stesso: quell’assist di petto – una decisione istintiva e lucidissima in piena bagarre – è il miglior biglietto da visita che potesse presentarci. Abbiamo un uomo in più.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , | 246 commenti

Good vibes

La casistica di questa stagione è così variegata, nel rapporto tra importanza della partita e qualità della prestazione (e risultato finale, savasandìr), che ogni volta ti scappa la voglia di fare un pronostico, tra scarse certezze e ovvie scaramanzie. Inter-Monaco si presentava come una partita basilare, per l’inestimabile traguardo passaggio del turno diretto e per un tesoretto in denaro che sarebbe stato un delitto buttare via. Poi, il fatto che bastasse un punto sembrava, più che un incentivo, una complicazione. A tutto questo l’Inter ha risposto con una delle migliori partite dell’anno, un’Inter divertente e divertita, subito positiva, poi straripante. Almeno mezz’ora di pura delizia. Partita liberatoria, alla cui perfezione mancano un paio di golletti – col Monaco in dieci e poi in nove si sarebbe potuto esagerare, ma vabbe’.

Ascolta “Una grande famiglia, alla Felipe Melo” su Spreaker.

Siccome non sempre è andata così quest’anno nelle occasioni più importanti (i due derby, la Juve, l’asterisco), questa partita va salutata con un certo sollievo: sì, l’Inter sa battere un colpo quando serve. E quella caciara da gita scolastica in panchina è il segno che i ragazzi non sono necessariamente lì ad angosciarsi per il calendario o per la stanchezza: se c’è un modo di andare oltre le difficoltà, quello di lasciarsi trascinare dall’umore e dalle buone sensazioni è uno dei più efficaci. Funziona.

Non c’è molto tempo di festeggiare perché domenica c’è un derby che non possiamo permetterci di fallire. E anche tutto questo exploit di Champions (quarto posto per differenza reti con gli stessi punti della seconda) ha un retrogusto amarognolo perchè gli incroci di questa nuova formula ci cacciano in una parte del tabellone piena di tranelli (all’Atalanta, nona, in fondo è andata meglio, anche se ha due partite in più). Agli ottavi troveremo un’olandese (Feyenoord o Psv) o un’italiana (Milan o Juve), e già la prospettiva dello scontro fratricida è micidiale ed eccitante al contempo. Ai quarti, eventualmente, troveremo una super top. Ma c’è tempo.

Prima, per tutto il mese di febbraio e la prima domenica di marzo, c’è il campionato da sistemare. Sarebbe bello rivedere l’Inter di stasera: una squadra che quando ha voglia di giocare a pallone, beh, non ce n’è per nessuno.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , | 260 commenti

I nervi e la coscienza

L’importante sarà procedere sempre così, come oggi a Lecce: con i nervi saldi e la coscienza a posto. Nervi saldi, perchè il confronto diretto con il Napoli (e senza dare per morta con troppo anticipo l’Atalanta) proseguirà in questo modo per altre 16 teoriche volte. 16 partite in cui, senza mai giocare in contemporanea con i nostri avversari, proseguiremo questo micidiale scontro a distanza. Con due eccezioni: il recupero Fiorentina-Inter e lo scontro diretto del San Paolo tra poco più di un mese. Nervi saldi, cercando di pensare ai cazzi nostri e non agli eventuali incroci astrali; coscienza a posto, perché comunque vada non dovremo mai lasciare nulla di intentato possibilmente senza derogare ai nostri saldi principi tattici e tecnici (quando lo abbiamo fatto, l’abbiamo preso in quel posto).

Ascolta “Free Raja” su Spreaker.

Ora, è chiaro che realizzare tutto questo a Lecce può essere stato molto facile, forse troppo rispetto a certe partite che ci aspettano (a cominciare dal derby, dopo due sconfitte ignominiose). Però adesso non è più il caso di fare distinzioni: una partita alla volta, dobbiamo tendere al massimo obiettivo. E’ stato così con l’Empoli, poi a Praga e ora a Lecce. Tre vittorie (di gradazione e soddisfazione diversa) dopo il pari con il Bologna, partita per la quale potremmo accampare un po’ di scuse (tipo quella di avere giocato contro una delle squadre più in forma del campionato e che ha perso solo tre partite finora, come il Napoli) ma che, in virtù della stessa regola dello step by step e dell’una vale una, va considerata così, semplicemente: una partita non vinta quando i tuoi avversari non giocavano.

Domenica le difficoltà si alzeranno: giocheremo un derby in trasferta contro una squadra per la quale siamo l’unica ragione di vita, una partita che rinverdirà freschi incubi se non sapremo elevarci. In più, il Napoli giocherà dopo di noi, alle 20.45: cambiano le pressioni, anche loro non avranno un passeggiata (chez Roma), una piccola rimescolata alle regole destinare a essere rimescolate chissà quante volte ancora.

E’ stata una domenica serena, con le conferme di un ritrovato Lautaro, di uno straripante Thuram e di un Dumfries sempre più bomber. Frattesi ritrova gol e sorriso, segna addirittura Taremi. Ragionando così, con orizzonti di tre giorni appena, è stato un bel vedere, soprattutto spirituale. Tra Champions e campionato, chissà come staremo tra sette giorni precisi, alla stessa ora. Beh, ci si vede qui.


(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #102, io e il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Cioè, si gioca ogni tre giorni: vi mancano gli argomenti? Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , | 134 commenti

Energia canaglia

Sarebbe interessante calcolare quanto ci costa, in termine di energie fisiche e mentali, non chiudere (quasi) mai le partite. Nel caso di ieri sera, tenere pervicacemente aperta quella contro una squadra decisamente inferiore, quando sull’altro piatto della bilancia hai tre punti fondamentali per il tuo cammino in Champions. E quindi dovrebbe venire naturale dirti: bòn, facciamo ‘sto 2-0 e rilassiamoci un pochino, tanto questi non segnano manco per sbaglio. E invece no.

Ascolta “Caotica, celebrativa puntata laminata in oro da collezione” su Spreaker.

Siccome questa stagione si giocherà molto sulla gestione delle energie, e siccome l’Inter ha davanti a sè una serie di partite da far tremare le ginocchia, sarebbe interessante appunto calcolare quante energie in più ci è toccato spendere nella ghiacciaia di Praga rispetto a quanto ne avremmo spese se avessimo finalizzato uno a caso dei duemila contropiedi svaporati nel finale, tra scelte sbagliate di tiro e/o scelte sbagliate di passaggio. E’ vero che il 2-0 l’avevano anche fatto, annullato per il fuorigioco dell’alluce. Ma il problema di fondo rimane, è un difetto che in questa stagione spunta con discreta frequenza.

Naturalmente, il 2-0 (vedi Milan) o i due gol di vantaggio (vedi Juve) non è che ci mettano di default al riparo dagli imprevisti (sospiro). Però a Praga – a tutto c’è un limite – avremmo dovuto giusto stendere il red carpet in area per consentire allo Sparta di riprenderci. Siamo rimasti in tensione fino al 95′, una tensione inutile, probabilmente energivora. Sparta-Inter risponde alla perfezione al metodo di leggere le partite dalla fine (0-1? Vinto? Fantastico. Come? ‘sticazzi), ma apre altri interrogativi. Tipo: peserà il dispendio di questa partita su quella dopo, visto che giochiamo ogni tre giorni? Avrebbe potuto pesare di meno?

Quando abbiamo giocato tre giorni dopo la Champions, non è sempre andata benissimo. E’ vero che dopo Leverkusen ne abbiamo date 6 alla Lazio, ma dopo l’Arsenal abbiamo fatto 1-1 col Napoli, dopo Berna 4-4 con la Juve, dopo la Stella Rossa un faticoso 3-2 al Toro, dopo il City il disastroso 1-2 col Milan (dopo il Lipsia c’era Fiorentina-Inter). Meglio con la Supercoppa (al rientro abbiamo vinto a Venezia, ma con sei giorni di recupero) e in Coppa Italia (dopo l’Udinese il 2-0 al Como, giocando entrambe le volte a San Siro).

Quindi, a Lecce vedremo un po’. Che bello se andassimo un po’ più dritti verso l’obiettivo. A me non dispiacerebbe un segnale in questo senso, perchè altrimenti finiamo sempre col sentirci sempre un po’ sul filo. Sappiamo che la portiamo a casa, ce lo sentiamo, ce ne autoconvinciamo, ma dobbiamo aspettare il triplice fischio. E ci alziamo dal divani mezzi sudati. Sembra di vedere quei film in cui il protagonista esce con disinvoltura dalla casa che sta per crollare dopo aver salvato mezzo condominio, poi si accorge che non ha preso il bancomat, il telefono e il gatto.


(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #101 con la puntatona celebrativa, con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Cioè, si gioca ogni tre giorni: vi mancano gli argomenti? Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , | 153 commenti

Inter-Empoli 3-1

Il campionato, come noto, finirà il 25 maggio (oppure il giorno precedente, nel solito crogiuolo di anticipi). Può benissimo darsi che finisca anche prima, ovviamente: anzi, probabile. Intendevo solo dire la trentottesima giornata di campionato è fissata per quella data, l’ultima domenica di maggio. E il Napoli può già dire che da oggi, 20 gennaio, ad allora – sono poco più di quattro mesi – ha 17 partite ancora da giocare: sono le 17 partite che gli mancano per finire il campionato e l’intera stagione. Le può già contare con precisione. Una partita ogni 7,3 giorni. Non ne avrà altre: non gioca le coppe europee, è fuori pure dalla Coppa Italia.

Ascolta “Centooooooooooooo” su Spreaker.

L’Inter, che alla data odierna ha già giocato otto partite più del Napoli dall’inizio della stagione (per comodità, diamo già per giocata Fiorentina-Inter, non la calcoleremo dopo), aggiungendo almeno altre quattro partite sicure di Champions e una sicura di Coppa Italia (entrambe le competizioni potrebbero poi continuare, certo), giocherà la sua partita numero 17 partendo da oggi intorno al 10 aprile, una ogni 4,8 giorni. Al Napoli, insomma, mancano 17 partite alle vacanze estive. A noi mancano 17 partite per arrivare alla Domenica delle Palme (e magari nemmeno). E poi? Poi non si sa. Spendendo le loro stesse energie arriveremo al 10 aprile, poi dovremo coprire il periodo 10 aprile-25 maggio con altre energie. E poi mentre loro saranno sparsi tra Capri e la Maldive, noi saremo a sgobbare fino a luglio inoltrato al Mondiale per Club.

Non è spaventoso?

Questa stagione ha dei risvolti inumani. Allora, cominciamo a risparmiare le forze tutti, anche noi tifosotti. Le partite vanno commentate dalla fine. Risultato? Vinto 3-1. Vinto come? Visto molto di peggio, diciamo benino, e comunque frega un cazzo. Si è fatto male qualcuno? No. Qualcosa da segnalare? Il Toro è tornato. Altro? No, non ricordo. E quindi? E quindi forza Inter. E gli altri? E gli altri si fottano. Sei nervoso? Sì, si gioca ogni tre giorni, non è vita. Ti ritiri? Trallallero.

Ascolta “Attraversando la città dei morti” su Spreaker.

—————

CENTO!

(eh sì, il Podcast è giunto nel frattempo all’episodio #100, dio mio, come passa il tempo. Festeggeremo nella puntata 101, perché noi siamo fatti così, andiamo per gradi)

(Quindi? Beh, scriveteci, fateci gli auguri, fate cose. Con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Ma c’è una novità: volete intervenire in diretta nella puntata #101? Basta scriverci un messaggio e chiedere di essere invitati. La puntata sarà registrata giovedì 23 gennaio tra le 14 e le 15, più o meno)

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , | 108 commenti

Cosa abbiamo visto?

Con 39 di febbre, il grande colpo di culo è che ci siano gli Open d’Australia: metà dei match li giocano mentre dormi, ma quando ti svegli ci sono fior di partite perchè inizia il programma serale (e notturno: Medvedev giovedì ha finito – e perso – alle tre di notte passata, le nostre cinque del pomeriggio) e quindi trascorri qualche ora piacevole con Sinner, Alcaraz, Djokovic eccetera, il che ti copre le tentazioni della programmazione tv mainstream che a quegli orari ormai è crollata a livelli infimi. Tutto bello se non ci fossero i telecronisti.

I titolari di Eurosport e le loro seconde voci tengono un certo contegno, ma per seguire cinque o sei match alla volta in questi primi turni si dà spazio alla seconde leve, e le seconde leve fanno quello che già fanno molte delle attuali prime leve, scimmiottandosi gli uni con gli altri: esagerano. La narrazione sportiva sta diventando insopportabile. E’ tutto un “cosa abbiamo visto?”, anzi, “COSA ABBIAMO VISTOOOO?”, che è la frase chiave di questa enfasi micidiale. Tu sei lì che guardi, cioè vedi le stesso cose che vedono loro. Magari un gol al volo di Lautaro o un passante di Sinner e sei già contento di tuo. Ma invece no: “COSA ABBIAMO VISTOOOO?”. Scusa, non era un tiro al volo in mezza rovesciata? Non era un passante lungolinea in corsa? Sì, ma in realtà no. Cioè, ce lo devono raccontare loro cos’era, perché noi non abbiamo visto bene, o non ci siamo resi conto dell’evento epocale a cui abbiamo appena assistito (la cometa di Halley, al confronto, è il passaggio del camion dell’immondizia). Di solito un quarto d’ora dopo Sinner (ogni cosa che fa Sinner è prodigiosa) fa un passante migliore e il telecronista aggiunge qualche O (“COSA ABBIAMO VISTOOOOO?”) oppure scandisce (“Cosa. Abbiamo. Visto.”) con tono grave che vuole restituirci lo stupore e la solennità (“Oh, bel dritto!”) che noi stolti non abbiamo saputo provare.

Al centesimo “Cosa abbiamo visto?”, per rendere merito a questa domanda pronunciata così, semplicemente, senza gli occhi fuori dalle orbite e senza il prolasso delle corde vocali, mi sono reso conto che rispondere a “Cosa abbiamo visto?” è il miglior modo di analizzare Inter-Bologna di mercoledì, che io speravo di non avere colto nei suoi giusti contorni (cioè, avevo 39 di febbre, siamo al limite alle allucinazioni) (non prescindo dalla scala di sopportazione del dolore per il genere maschile) e invece no, era tutto vero. Quindi, cosa abbiamo visto? No, perchè nelle ultime 36 ore ne ho letta e sentita di ogni.

Rimanendo ai dati oggettivi, non abbiamo visto una squadra nè persa nè morta, tutt’altro: pure in una delle sue serate meno brillanti e contro un’avversaria discretamente attrezzata, l’Inter ha avuto le consuete occasioni di vincere la partita: consuete in senso numerico e qualitativo. Di sicuro, ed è il lato più inquietante, abbiamo visto una squadra stanca, alla decima partita dall’ultima pausa di un mese e mezzo fa (che è stata, con tutto il rispetto, Fiorentina-Inter) giocate in quattro competizioni e due continenti diversi. Di queste ultime dieci partite, ben tre (Leverkusen, Milan, Bologna) sono state negative ed è una media molto alta per l’Inter di Inzaghi.

Alti e bassi, per carità, posso capitare, ma il problema è tutto in prospettiva: il periodo che abbiamo davanti a breve è anche peggiore. Ricomincia la Champions (due partite da non cannare per evitare il turno aggiuntivo) e bisogna tenere botta in campionato, dove la partita da recuperare ci dà potenziali speranza di aggancio in testa al Napoli (punto) (asterisco) (punto). Nei prossimi 45 giorni abbiamo 10 partite (due di Champions. E speriamo solo due, sennò è la fine, le partite diventerebbero 12) tra cui i duelli in campionato nell’ordine con Milan, Juve e Napoli tutti in trasferta. Napoli, il 2 marzo (ancora da schedulare), chiuderà questa serie fondamentale per tutto.

Ecco, il Napoli è il grande problema. A oggi, il Napoli ha giocato otto partite meno di noi (6 di Champions, due di Supercoppa). Al 2 marzo le partite giocate in meno saranno 11 (aggiungi due di Champions e una di Coppa Italia), sperando non diventino 13 (no, vi prego). Tutte partite al massimo livello, mica amichevoli col Mendrisio. E per una squadra che appare oggi, a metà stagione, stanca, incapace di mantenere a lungo lo stesso livello di concentrazione e di affrontare due partite di file con la stessa intensità, beh sì, è un grande problema. Sarà una stagione endurance, in cui sarà necessario resistere, partita dopo partita: alle tensioni, ai crampi, alle gufate, alle ingiustizie (Alba Pairetto ha arbitrato male, abbiamo tutti bisogno di arbitri che arbitrino bene) (o tutti male, ma mi pare più complicato). La partita del San Paolo sarà squilibrata quanto a forze fisiche: giocheremo contro una squadra che ha giocato 11 (o 13, ma non oso nemmeno pensarlo) partite in meno, una squadra con cui ci contendiamo lo scudetto e che in pratica è come se avesse riposato un mese e mezzo, quasi due.

Cosa abbiamo visto, infine? Una squadra che non ha una seconda squadra come ce la siamo (o ce l’hanno) sempre cantata? Una squadra che sarà costretta ad aggrapparsi alle prime scelte, finchè dura? My two cents: si sta pericolosamente allargando la forbice tra “titolari” e “riserve”, termini che scrivo tra virgolette perché riguardano l’era del turnover e hanno ora contorni più sfumati. O pensavo li avessero, ecco. Com’ero rimasto stupefatto da quel momento della stagione in cui Inzaghi ne cambiava 5-6 ogni partita a prescindere da che partita arrivasse, ora osservo preoccupato che bastano un paio di infortuni (con Bologna erano fuori in quattro) a inceppare il meccanismo. Ma poi, appunto, c’è la forbice. Spero sia solo la percezione generale del momento, o la paturnia dell’anziano interista febbricitante (“Uè Simone, cambia!”), ma dalla panchina mediamente non arriva più nulla da parecchio tempo. Asslani ha un compito improbo, ma è di fatto un punto debole (pressarlo, entrare duro, rubare palla mentre lui rotola via: lo fa ormai qualsiasi squadra); Taremi aveva acceso qualche fantasia ma ormai sta assestandosi nel campo della delusione totale (il modo in cui non si è avventato sul cross di Thuram non è accettabile); i cambi di Lautaro e Thuram, in generale, non valgono un’unghia dei titolari; non esiste un’alternativa al trio di centrocampo (quando ne mancano due o addirittura tre, in corso d’opera, è una pena); Frattesi è un equivoco tattico dal giorno 1, ma siccome è un fior di giocatore lo si potrebbe gestire in un altro modo (lui non sembra crederci più); è un anno che stiamo aspettando un segno di vita da Buchanan (è stato sfigato con l’infortunio, ma inizio a dubitare se sia da Inter).

C’è anche tanto di buono da dire di questa Inter a un passo dalla qualificazione in Champions e in piena corsa scudetto, naturalmente: ma qualche volta sembra di avere una zavorra laddove altri – anche meno danarosi – trovano linfa. E noi di linfa ne abbiamo bisogno a decalitri (erano anni che sognavo di usare questa parola).

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , , | 146 commenti

La sottile differenza tra vincere e non vincere

Le due partite dell’Inter con il Venezia – e specialmente la seconda, quella di oggi – sono l’esatta dimostrazione di come certi match vadano vinti e stop. Le discussioni sugli argomenti accessori, a cominciare dall’estetica, sono rinviate a data da destinarsi (tipo fine luglio).

Le quattro protagoniste della Supercoppa sono evidentemente tornate in Italia con qualche tossina di troppo. L’Atalanta (miracolata a Udine), il Milan (moscio col Cagliari) e la Juve (smunta nel derby) hanno pareggiato. A Venezia, dove peraltro avremmo meritato di vincere minimo 3-1 checchè ne dica Di Francesco, potevamo pareggiare anche noi tra gol sbagliati nostri e qualche grosso rischio preso dietro. Avessimo pareggiato, saremmo qui a tirare giù santi dal calendario e a guardare angosciati la classifica. Invece abbiamo vinto, magari un po’ così, così come avevamo fatto all’andata: due risicati 1-0 con la penultima, due partite non indimenticabili. Totale 6 punti.

Ascolta “Da Salonicco con amore (errata corrige, again)” su Spreaker.

Quella di “vincere le partite e stop” è una modalità che di solito diventa di default un po’ più avanti, ai primi tepori della primavera, quando gli impegni si accavallano e le gambe si intorpidiscono (qualche volta anche i cervelli). Ma la situazione contingente impone di iniziare già adesso, nella prima metà di gennaio, a farsi meno scrupoli. Quanto conta aver vinto a Venezia, scialaquando come al solito in attacco, non brillando particolarmente se non a spot, concedendo ai padroni di casa qualche libertà di troppo, compreso un palo interno (questione di millimetri)? Conta enormemente. Non c’è proporzione con l’importanza o il prestigio della partita. Ma questa proporzione non ci deve più interessare.

Vincendo 1-0 a Venezia abbiamo messo in saccoccia il 13esimo risultato utile in campionato, la sesta vittoria di fila in assoluto (ultima non-vittoria l’1-1 con il Napoli), la settima vittoria in trasferta di fila (l’ultima non-vittoria l’1-1 di Monza), le ultime sei delle quali senza nemmeno subire un gol (serie-record al lordo della partita da recuperare con la Fiorentina). In classifica siamo dietro al Napoli (che ha vinto le ultime cinque) di 4 punti, ma con due partite in meno. E siamo davanti all’Atalanta di 1 punto, con una partita in meno. La Lazio è a -7 (avendo giocato due partite in più di noi), la Juve a -10 (una partita in più), il Milan a -15 (stesse partite). Nelle ultime 5 partite solo il Napoli ha tenuto il nostro stesso passo: nelle ultime 5 partite abbiamo fatto 4 punti più dell’Atalanta, 10 più della Lazio, 8 della Juve, 11 della Fiorentina, 7 del Bologna, 9 del Milan.

Ecco qual è la differenza tra vincere certe partite (Como, Cagliari, Venezia) e non vincerle. “Grazie al cazzo”, potrebbe essere il vostro legittimo commento. Eh, certo, grazie al cazzo. Però con due asterischi guardate dove siamo e ditemi a) se siamo così in crisi e b) se non ho ragione. Non si deve mollare più niente. Mercoledì sarà durissima? Sì, tutte saranno durissime, quindi prepariamoci. Ma guardate che effetto fa vincerne il più possibile.

(Ehi, chi ha detto “grazie al cazzo”?)


(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #98, con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , | 210 commenti

No, non siamo perfetti

(Lapresse)

In meno di cinque mesi di stagione abbiamo completato il prestigioso tris della resurrezione dei morti, il triplete della merdezza: due sconfitte col Milan (la prima pessima come approccio, la seconda da 2-0 a 2-3 in una finale secca) e un pareggio con la Juve (da 4-2 a 4-4 dopo aver sbagliato cinque o sei occasioni per il 5-2). Abbiamo fatto vincere la Supercoppa a una squadra che ancora non si capacitava di come esattamente avesse superato la sua semifinale. Mentre noi, nella nostra semifinale, avevamo fatto faville. Non quattro mesi fa. Quattro giorni fa. C’è tutto un mondo di link tra queste nostre controimprese stagionali: stasera abbiamo preso tre gol dal Milan, tre, cioè il numero dei gol totali presi nelle 14 partite seguite a Inter-Juve, che tutti abbiamo sperato – ma ce lo dicevano i numeri, no? – fosse state l’ultima nostra follia stagionale. E invece tu guarda che roba.

Ascolta “Le Ballon de Merde 2025!” su Spreaker.

Al netto delle più ovvie considerazioni – e cioè che tu non le puoi vincere tutte e che agli altri non è fatto divieto di giocare ottime partite (cosa che il Milan ha fatto, soprattutto per l’atteggiamento) – questa è la più classica delle partite che ti riempiono testa e cuore di dubbi, tutti quelli che dopo Inter-Juve avevi più o meno dissipato (Leverkusen, per quanto dannosa, sembrava un’eccezione) e che appena quattro giorni fa, dopo avere strapazzato ancora una volta l’Atalanta, ti eri completamente dimenticato. Ti sentivi già sul trampolino, pronto a prendere il volo: una Supercoppetta arabeggiante da intascare e poi via, verso l’infinito e oltre.

E invece ti ritrovi a constatare che anche il tuo magico meccanismo si inceppa, nè più nè meno come quello degli altri. Un meccanismo un po’ mentale (il primo tempo vi era piaciuto? A me no) e un po’ fisico, logistico, sostanziale: meglio giocare con Thuram e Calhanoglu che senza, per esempio. Meglio avere dei cambi pimpanti che dei cambi mosci. Meglio non dare troppe cose per scontate. Meglio stare sul pezzo fino a che la partita è in ghiacciaia. Meglio metterla in ghiacciaia, la partita, quando ne hai l’occasione.

Ascolta “Interisti Anonimi: gruppo di auto-aiuto” su Spreaker.

Giovedì sera eravamo andati a dormire con quella sottile sensazione di onnipotenza che ti danno le partite che riescono bene. Stanotte ci gireremo nel letto senza più certezze, anzi, un po’ vergognandoci di averne avute troppe soltanto quattro giorni prima. Sarebbe stata una vittoria evocativa, con due gol bellissimi di due attaccanti in presunta crisi. E invece è diventata una sconfitta pessima, ripresi e superati, vilipesi e derisi. Dal Milan.

Siamo arrivati a due centimetri dall’obiettivo (il pallone di Carlos che non ha varcato del tutto la linea) e questo non va dimenticato. Ma non va dimenticato nemmeno tutto il resto. Una partita in cui, sin dall’inizio, abbiamo dato l’impressione di avere un briciolo di voglia in meno del Milan (perché?). L’allucinante gol preso su punizione (sembrava il tutorial “Punizione dal limite a sfavore: errori da non fare”). I due gol presi nel finale, che si aggiungono a tutti gli altri (adesso più della metà li abbiamo subiti nell’ultimo quarto d’ora, e servirà a Simone farci qualche bella riflessione al di là della supercazzola che “tutti prendono i gol nel finale perchè cala la lucidità”).

Ne usciamo con un profilo inquietante: siamo una squadra imperfetta, che miscela momenti sublimi a inattese dimostrazioni di non completa affidabilità. Non chiudiamo le partite. Spalanchiamo le nostre porte. Dopo le prime due partite di questo gennaio micidiale rischiamo la crisi di identità mentre l’infermeria si arricchisce dei pezzi più pregiati. Prima di eccedere nei sogni, bisogna urgentemente serrare le fila. Mai più ‘ste cose, vi scongiuro, mai più.


(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #97, con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?

(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , | 235 commenti