
Voi salvate foto sul desktop? Io sì, poi ogni tanto faccio pulizia – essenzialmente per cause di forza maggiore, quando cioè non ci sta più un cazzo. Ecco, appunto, stamattina ho dovuto fare pulizia. Le iconcine si accumulano mischiate tra loro: cose mie, cose di lavoro, cose del blog. Cose recentissime e cose più vecchie (parlo di settimane, max pochi mesi, perchè il desktop si riempie in fretta), o invecchiate male. Tipo che avevo ancora una foto di Lukaku con la nostra seconda maglia gialla dello scorso campionato – la foto in cui punta il dito a Barella. Ok, drag, drop, trash. E poi vedo in un angolino un’altra foto di un giocatore dall’aspetto familiare e con la maglia gialla. La apro. Non è la vecchia seconda maglia, è la maglia di un’altra squadra. Lui invece, in effetti, è un volto familiare. E’ Brozo.
Ed è stato così, in modo del tutto casuale ma sorprendente, tipico di quando vi si sblocca un ricordo, che mi sono appunto ricordato dell’esistenza geografica, macroeconomica e calcistica dell’Arabia Saudita. Dove si gioca – ah, che comodità Google – un campionato giunto alla 16esima giornata (di 34 totali, la loro serie A – per i più precisini, la Roshn Saudi League – è a 18 squadre). C’è in testa l’Al Hilal (Koulibaly, Milinkovic-Savic, quel che resta di Neymar) con 7 punti di vantaggio sull’Al-Nassr (CR7, Brozo, Manè) mentre è crisi Al-Hittihad (Benzema, Kantè, Fabinho), i detentori che attualmente sono quarti e lontanissimi dalla zona scudetto. Davanti a loro l’Al-Ahli (Firmino, Kessiè, Mahrez).
Breve sondaggio: c’è qualcuno che segue la Lega saudita? Che guarda le partite su Sportitalia o La7? C’è qualcuno a cui importa minimamente un beato cazzo di questa roba? Tipo che alla lettura della classifica di cui sopra abbia pensato: “A Setto’, ma ‘ndo vivi, già lo sapevo”?
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Circa 100 giorni fa scrivevo preoccupato dell’esodo dei calciatori europei (non tutti vecchi, non tutti rottami, non tutti fuori dal giro) verso l’Arabia, ingolositi – è umano – da aumenti di stipendi nell’ordine del 500-1000%. Erano le ultime ore di mercato, un mercato occidentale (chiamiamolo così) parecchio disorientato da questa variabile impazzita. Per la prima volta, il baricentro del mondo calcistico si era un po’ spostato, inequivocabilmente: inverno 2022, i Mondiali in Qatar (con tutto quello che hanno comportato prima, durante e dopo); estate 2023, il mondo arabo fa spesa in Europa senza alcun controllo nè opposizione e si porta a casa pezzi grossi, parecchi.
Voglio precisare: ricordando che “scrivevo preoccupato”, non volevo tirarmela come se le mie preoccupazioni fossero state importanti, ahahah, ma chi se ne frega; volevo solo dire che anche un giuggiolone come me si era preoccupato di fronte a questo assalto alla diligenza di un mondo privo di cultura e di centralità calcistica ma dotato di un portafogli sterminato. Come se un giorno i magnati, chessò, della Groenlandia cominciassero a convertire palaghiaccio e igloo in palasport e, folgorati dal basket, iniziassero a offrire contratti immani a gente dell’Nba e dell’Eurolega.
Ok, detto questo: e 100 giorni dopo quella “preoccupazione”?
Non so voi, appunto, e non so cosa stiano facendo i calciofili di ogni genere e grado in giro per l’Italia, per l’Europa e per il mondo. Ma io mi sono improvvisamente ricordato dell’Arabia questa mattina, aprendo la foto di Brozo in maglia saudita. Non sapevo che avessero giocato 16 giornate di campionato. Ho perso completamente di vista tutti i campioni che sono andati lì, o in un paio di altre leghe confinanti.
Oh, io non so cosa succederà tra qualche mese, al prossimo mercato (o magari già a gennaio). E non ho minimamente idea se la Fifa si inventerà qualcosa per mettere l’Arabia più al centro del calcio di quanto già non lo sia solo per il fatto di poter comprare a destra o a manca, o (soprattutto) di mettere sul piatto delle pile immani di bigliettoni con cui, per dire, permettersi la qualunque, tipo fare giocare la Supercoppa italiana davanti a un pubblico di sceicchi e cammelli. Ma se tutti fossero come me, l’Arabia sarebbe solo una specie di buco nero foderato d’oro che ingoia calciatori e bòn, fine, morta lì, alla faccia dei petrodollari e degli stadi nel deserto. Per me l’Arabia è come il Molise: forse non esiste.
Sì, ok, non voglio fare l’ingenuo all’eccesso e il finto tifoso con la schiena superdritta. Il vento arabo sul calcio è una parte del tutto, cioè di quell’inquietante, clamoroso e irreversibile mutamento dell’asse degli interessi terrestri, a partire da quelli politici ed economici. No, tranquilli, mi sono accorto anch’io che al mondo non ci sono solo Europa, Russia e Stati Uniti, ho visto qualche milione di telegiornali, lo so, è uno schema un po’ vecchiotto, sicuramente sommario, da boomer insomma, un pochino incompleto. Ma parliamo di calcio.
Ecco, prendiamo il mio caso – il nostro, se mi permettete. Noi abbiamo l’Inter, abbiamo la serie A, abbiamo la Juve, il Milan, il Napoli, la Roma, il Sassuolo ecc. ecc., abbiamo la Coppa Italia, abbiamo la Nazionale. Poi abbiamo la Champions League, porca puttana. Abbiamo l’Inter, poi il Napoli, il Milan, la Lazio, e poi il City, il Real, il Barça, il Bayern, l’Arsenal, il Benfica, persino lo Young Boys. Poi conosco maniaci che guardano la Coppa America, qualche malato che guarda la Coppa d’Africa, alcuni bipolari che stanno alzati a vedere la Copa Libertadores.
Ma a me, voglio dire, tifosotto medio, che cazzo me ne frega dell’Arabia? Dove trovo il tempo, la voglia, l’interesse, il pathos per seguire il calcio arabo?
Quindi, il risultato è questo (per me, dico): sono spariti dall’Europa una trentina di pezzi grossi del calcio e me ne sono fatto una ragione del giro di una settimana. Il calcio mi piace uguale, i trenta pezzi grossi hanno fatto spazio e trenta pezzi più piccoli ma senza scene di isteria collettiva, anzi. Trenta pezzi grossi del calcio fanno il bagno nella vasca con i dollari, tipo zio Paperone, e giocano a calcio in un’altra dimensione, di cui io non ho notizie: non le cerco, non me ne arrivano. Io guardo l’Inter e sono felice. C’è gente in fila per andare in Arabia l’estate prossima? Prego, dimenticherò anche voi. Una volta la chiamavano damnatio memoriae, io la chiamo andatevene affanculo contenti voi.