Sarebbe interessante calcolare quanto ci costa, in termine di energie fisiche e mentali, non chiudere (quasi) mai le partite. Nel caso di ieri sera, tenere pervicacemente aperta quella contro una squadra decisamente inferiore, quando sull’altro piatto della bilancia hai tre punti fondamentali per il tuo cammino in Champions. E quindi dovrebbe venire naturale dirti: bòn, facciamo ‘sto 2-0 e rilassiamoci un pochino, tanto questi non segnano manco per sbaglio. E invece no.
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Siccome questa stagione si giocherà molto sulla gestione delle energie, e siccome l’Inter ha davanti a sè una serie di partite da far tremare le ginocchia, sarebbe interessante appunto calcolare quante energie in più ci è toccato spendere nella ghiacciaia di Praga rispetto a quanto ne avremmo spese se avessimo finalizzato uno a caso dei duemila contropiedi svaporati nel finale, tra scelte sbagliate di tiro e/o scelte sbagliate di passaggio. E’ vero che il 2-0 l’avevano anche fatto, annullato per il fuorigioco dell’alluce. Ma il problema di fondo rimane, è un difetto che in questa stagione spunta con discreta frequenza.
Naturalmente, il 2-0 (vedi Milan) o i due gol di vantaggio (vedi Juve) non è che ci mettano di default al riparo dagli imprevisti (sospiro). Però a Praga – a tutto c’è un limite – avremmo dovuto giusto stendere il red carpet in area per consentire allo Sparta di riprenderci. Siamo rimasti in tensione fino al 95′, una tensione inutile, probabilmente energivora. Sparta-Inter risponde alla perfezione al metodo di leggere le partite dalla fine (0-1? Vinto? Fantastico. Come? ‘sticazzi), ma apre altri interrogativi. Tipo: peserà il dispendio di questa partita su quella dopo, visto che giochiamo ogni tre giorni? Avrebbe potuto pesare di meno?
Quando abbiamo giocato tre giorni dopo la Champions, non è sempre andata benissimo. E’ vero che dopo Leverkusen ne abbiamo date 6 alla Lazio, ma dopo l’Arsenal abbiamo fatto 1-1 col Napoli, dopo Berna 4-4 con la Juve, dopo la Stella Rossa un faticoso 3-2 al Toro, dopo il City il disastroso 1-2 col Milan (dopo il Lipsia c’era Fiorentina-Inter). Meglio con la Supercoppa (al rientro abbiamo vinto a Venezia, ma con sei giorni di recupero) e in Coppa Italia (dopo l’Udinese il 2-0 al Como, giocando entrambe le volte a San Siro).
Quindi, a Lecce vedremo un po’. Che bello se andassimo un po’ più dritti verso l’obiettivo. A me non dispiacerebbe un segnale in questo senso, perchè altrimenti finiamo sempre col sentirci sempre un po’ sul filo. Sappiamo che la portiamo a casa, ce lo sentiamo, ce ne autoconvinciamo, ma dobbiamo aspettare il triplice fischio. E ci alziamo dal divani mezzi sudati. Sembra di vedere quei film in cui il protagonista esce con disinvoltura dalla casa che sta per crollare dopo aver salvato mezzo condominio, poi si accorge che non ha preso il bancomat, il telefono e il gatto.
(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #101 con la puntatona celebrativa, con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Cioè, si gioca ogni tre giorni: vi mancano gli argomenti? Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)