Al netto della straordinaria e generosa accoglienza del Verona – nel primo tempo, adeguatamente lanciato a rete, avrei segnato anch’io con una trivela no-look – sarebbe scontato parlare di Correa, della sua partita, della sua coppetta da Mvp, del suo gol, delle sue due traverse e dei suoi due assist, insomma della sua resurrezione, o almeno epifania. Potremmo parlare di come il reietto all’improvviso ti fa una partita da Pallone d’Oro, sapendo naturalmente di poter essere smentiti quanto prima perché Correa questo è, un talento indiscusso con tanta indolenza quanta carenza di personalità, e sarebbe un po’ troppo aspettarne la metamorfosi. E proprio per questo forse è il momento giusto per parlare di Inzaghi, di come sa gestire la truppa e coltivare i rapporti dal numero 1 al numero 24, Correa appunto, in questa nuova modalità in cui il numero 24 non è il 24esimo di un graduatoria, ma uno dei 24 ventiquattresimi di questo insieme dove ci sono gerarchie ma c’è spazio per tutti, sempre più spazio, anche per uno che hai cercato di piazzare dovunque fino all’ultimo centesimo di secondo di mercato.
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E quindi che fai di uno così? Avendolo dovuto tenere per forza, lo usi per caricare le borse sul pullman e per le cene degli Inter club? E tu, rimasto per mancanza di offerte nella società che non ti vuole, cosa fai? Dieci mesi di torelli e di scioperi bianchi? Mi piace pensare che tutti ci abbiano messo un po’ del loro per rendere questa storia così virtuosa. Correa si è messo al lavoro per recuperare il tempo perduto e farsi trovare pronto. Inzaghi non ha mai rinunciato a farlo sentire coinvolto e a dargli qualche occasione, fossero anche solo briciole. Bello che la squadra festeggi Correa quando Inzaghi, il giorno prima della partita, annuncia che giocherà lui. Bello che Correa festeggi se stesso con una partita sontuosa e festeggi con la squadra come se non ne fosse mai uscito. Non come se fosse il 24esimo della lista, ma il 24esimo di un gruppo di 24, tutti uguali anche se giochi di meno, tutti uguali anche se non avresti dovuto esserci e chissà quale maglia ti sarebbe toccata.
Correa, al di là dei buoni sentimenti iper-stimolati da una vittoria per 5-0, è di fatto un uomo in più per l’Inter, un’opzione vera, non più un morto che cammina. E siccome è tornato anche Buchanan, un tipetto che può servire parecchio nelle rotazioni, sembrano tutti segnali positivi di una stagione che pare rimettersi sul binario giusto. Nelle cinque partite seguite a Inter-Juve abbiamo subito un solo gol, nelle ultime otto abbiamo finito sei volte con il clean sheet: il peggior problema dell’Inter 2024-25 magari non può dirsi del tutto risolto, ma di sicuro il vento è cambiato. Bisogna continuare così ed evitare di guardarsi troppo indietro. Anche se facendo zapping ti imbatti in una obbrobriosa Milan-Juve, una robaccia da istigazione al suicidio, soprattutto se pensi che con queste due squadracce hai fatto un punto in due partite. Ti viene da girarti indietro e farti delle domande, ma è meglio guardare avanti, appunto. Siamo solo a un terzo del cammino. E in fondo abbiamo due giocatori in più.
(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #88, con il mio socio ex aspirante pensionato (ora effettivamente in quiescenza), il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Vi ricordiamo che l’attualissimo tema “Pavia e gli 883 visti da vicino” resta attualissimo, appunto. Come anche il tema che moriremo tutti.
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)