Quindici dodici

Grazie Inter per questo suggestivo omaggio a Settore: siccome compio gli anni il 15/12, non posso fare a meno di notare che la vittoria n. 12 (su 12 partite, ovvio) del 2024 porta a 15 i punti di vantaggio sulla Juve. E nel notare questa coincidenza numerica già mi intristisco: cioè, quando mai mi ricapiterà? Ve lo spoilero: mai.

Per superare la malinconia, penso con divertimento che nelle ultime 24 ore Inter e Juve hanno provato a cambiare l’andazzo del loro campionato. Questa sera l’Inter giocando un po’ meno bene del solito, ieri sera la Juve giocando un po’ meglio del solito.

Ascolta “Ifix Tcen Tcen!” su Spreaker.

In ordine di tempo, parliamo della Juve. Che tenerezza. I giornali questa mattina celebravano il fatto ce la Juve avesse creato nel corso della partita tipo tre-quattro palle gol (wow!) e che nonostante tutto avesse perso, come sa essere ingiusto il calcio. Nessuno ha fatto notare come la Juve avesse in precedenza vinto una decina di partite facendo letteralmente cagare e che resti comunque ampiamente in debito nel rapporto buon calcio prodotto/punti conquistati (sono secondi in classifica, praticamente dei miracolati). Se poi ripensiamo che il 21 gennaio…

Dunque, il 21 gennaio si disputava la 21esima giornata. L’Inter era in Arabia mentre la Juve vinceva a Lecce. Classifica: Juve 52, Inter 51 (-1). A detta di tutti sembrava fatta. Per loro, dico.

Il 4 marzo (43 giorni dopo) si completava la 27esima giornata. Classifica: Inter 72, Juve 57. In 6 giornate loro hanno fatto 5 punti, noi in 6+1 giornate ne abbiamo fatti 21. Cioè 21 a 5. Sembra il risultato di una di quelle partite a ping pong in spiaggia in cui ti si presenta uno che dice

“Ehi bello, da ragazzo ero campione provinciale”

e poi perde 21 a 5 facendo tipo 20 unforced errors e dice

“Ehm, erano tipo 27 anni che non giocavo”

ecco, ‘ste robe qui. E la sera in cui cominci a sentirti un po’ stanchino e la deconcentrazione avanza tra le tue sinapsi (cioè, noi facciamo futbol bailado e i nostri avversari più forti fanno 5 punti in 6 partite: c’è sproporzione), ecco, in una sera del genere in cui sensazioni umane – la stanchezza che avanza, la fame che diminuisce – prendono possesso di te, sensazioni che minano la tua brillantezza e la tua feroce determinazione a vincere,

eppure vinci lo stesso,

capisci che è proprio l’anno buono. Qualche lampo di grande calcio così, a memoria, in automatico, di default, incastonato qua e là in una serata dolcemente imperfetta (10 tiri, 63% di possesso: queste sono le nostre serate imperfette, per dire): un segno di forza anche questo. Ma con più fatica. Abbiamo forse toccato l’acme con l’Atalanta, stasera è iniziata la discesa e se fossi uno che scommette, ecco, andrei alla Snai a scommettere contro l’Inter per il match di Bologna. La nostra serie forse si è già conclusa, la partita più importante della stagione (non essendoci più avversari in Italia) diventa Atletico-Inter e sabato sera a Bologna ci sarà un’Inter che con 15 punti di vantaggio sulla seconda si toglierà il lusso di pensare ad altro, perché è in Europa adesso che dobbiamo mettere a frutto tutto ‘sto meraviglioso bendiddio.


(per l’angolo Podcast, giunto all’episodio #49 e ormai avviato all’uovo di Pasqua (ricordo con orgoglio che potevamo non arrivare nemmeno al panettone), vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Siete tifosi della squadra migliore dell’universo: cosa volete di più?

(il podcast , oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Cosa avrete mai da fare? Non mi dite che guardate la Juve: non la guardano più nemmeno gli juventini)

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Aguas de março

Mentre sfollavo da San Siro tra gente che non smetteva di cantare, in un gasamento generale che data la stagione – febbraio – più che raro tenderei a definire unico, ho fatto una specie di fioretto: “Basta, non scrivo più di Inter fino a marzo”. Cioè, you know, era una specie di battuta no? E’ il 28 febbraio, torno a casa e intanto si farà mezzanotte e bòn. Non mi ricordavo più che c’era di mezzo anche il 29, ma l’ho preso come un segnale. In fondo, non ci sono (quasi) più parole per questa Inter.

Gennaio doveva essere un mese critico: 5 partite, vinte tutte, Supercoppa in bacheca. Febbraio doveva essere un mese moooolto critico: 6 partite, vinte tutte, le ultime quattro con 4 gol a partita, le ultime tre tutte 4-0. Vinte tutte: scontri diretti, scontri normali, campionato, Supercoppa, Champions, tranelli, trabocchetti, tutte.

Ora è marzo – quindi posso scrivere – e piove. Mi è venuta in mente la meravigliosa Aguas de março, che cantata nell’emisfero giusto – quello del Brasile – è una canzone che annuncia l’inverno, mentre noi andiamo verso la primavera e se non fosse per questo tempo di merda ti si aprirebbe il cuore, ma vabbe’, è davvero un momento da bossa nova. Cioè, posso spiegare: io in questo momento sto ascoltando Aguas de março e guardo la classifica della serie A: É um belo horizonte, è come se fuori splendesse il sole, giuro.

Ascolta “Inter in the Sky with Diamonds” su Spreaker.

Marzo sarà una roba da andar giù di testa, ve lo spoilero. Solo quattro partite (già sono in astinenza preventiva) e tutte concentrate nei primi 17 giorni del calendario (e, tra di loro, in soli 13 giorni dalla prima all’ultima). Dal 18 al 31 invece niente, una roba inaccettabile, un vuoto riempito (si fa per dire) da due amichevoli della Nazionale negli Usa con Venezuela ed Ecuador, la solita storia, noi che pensiamo che siano due settimane di pausa e invece ci infilano partite su partite, che la nostra internazionalissima rosa affronterà qua e là nel mondo nel disinteresse generale, tranne il nostro.

I muscoli iniziano a essere parecchio affaticati, ecco, c’è sempre più gente che esce toccandosi adduttori o flessori, la lista degli indisponibili è una specie di fisarmonica. Questa Inter ci ha esaltato anche in questo, nell’affrontare emergenze o turnover con una tale disinvoltura da neutralizzare ogni volta le gufate altrui. Il nostro stato di grazia è più forte di qualsiasi altra cosa. Giochi questo o giochi quell’altro, avanziamo a quattro gol per volta. Affronteremo con calma questo tema, che va maneggiato con cura e con un pochino di pudore, ma forse davvero un’Inter così non si è mai vista.

A marzo ci tocca il Genoa (lunedì 4), il Bologna (sabato 9), Atletico Madrid (mercoledì 13) e Napoli (domenica 17), due in casa e due fuori, quattro partite delicate (ma quale partita non è delicata), quella di Madrid su tutte, ma le tre di campionato non sono banali. Sono ormai sei mesi che ci diciamo che la prossima è difficile, che arriva un mini ciclo, che adesso sono cazzi, che gli altri non mollano eccetera. Boh, con la Juve a -12 e il Milan a -16, addì 1 marzo 2024, la cosa più saggia da fare è metter su Aguas de março e smettere di leggere la classifica: non bisogna diventare ciechi proprio adesso che arriva il bello.


(per l’angolo Podcast, giunto all’episodio #48 e avviato all’uovo di Pasqua (ricordo con orgoglio che potevamo non arrivare nemmeno al panettone), vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Siete tifosi della squadra migliore dell’universo: cosa volete di più?

(il podcast , oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Cosa avrete mai da fare? Guardate di nascosto le repliche della Juve?)

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Garibaldi

Doverosa premessa: a me della cosiddetta cattiva stampa interessa sì e no. Sì quando la cattiva stampa è mendace, ingannevole, disonesta, dolosamente partigiana: ecco, questo non va bene (tipo la gomitata di Bastoni, per limitarsi a un caso recente e tutto sommato marginale) e allora è giusto discuterne. No quando la cattiva stampa, figlia di scelte editoriali cattive o bizzarre, non fa male a nessuno. Qui, semmai, si esercita un diritto di critica (siamo in democrazia: vale per me, voi e per tutti i direttori del mondo). Oppure ci si diverte. Tipo oggi.

Oggi Gazza e Corriere dello Sport hanno fatto due prime pagine parecchio diverse, pur parlando della stessa giornata di campionato. La Gazza è stata alla verità dei fatti: l’Inter di ieri – incompleta, turnoverizzata, potenzialmente distratta da altri pensieri che non fossero il Lecce – in effetti ha fatto paura e ha respinto ogni tentativo di rimonta altrui vincendo 4-0 in trasferta, decima vittoria di fila nel 2024, terza quaterna consecutiva in campionato. Fa paura anche a me, l’Inter. Il Corriere dello Sport, il cui baricentro di interesse calcistico dovrebbe peraltro essere sotto il Po, ha deciso che la notizia di ieri erano i mille punti di Allegri in serie A (anzi, 1.002: suona pure male).

Dovessi fare un paragone con il tennis, è come se il giorno che Sinner vince il suo primo Slam tu mi fai il titolone sulla millesima palla corta di Sonego.

Ma io credo di sapere com’è andata: Zazzaroni organizza tutto molto prima (infatti è lui stesso, il direttore, a scrivere il fondo su Allegri) (“Allegri come Garibaldi”, i mille, you know), e decide che la notizia, in una giornata di campionato senza big match, sarà comunque quella. Una scelta, bizzarra ma una scelta.

Ascolta “Orio poco Serio” su Spreaker.

Certo, i punti li deve fare. Il Frosinone fa passare a Zazza un paio d’ore atroci, rischiando di mandare tutto il suo bel piano all’aria (se anche avessero solo pareggiato – bastava un punto ad Allegri per fare mille – tutta l’enfasi sarebbe stata più che grottesca, direi patologica). Poi Rugani segna al 95′, sono le due e mezza del pomeriggio, c’è tutta una giornata davanti per cazzeggiare, Allegri ha passato quota mille e bòn, la prima pagina è fatta. Un’aggiustatina al fondo – dando un peso eccessivo a una vittoria col Frosinone al 95′, manco fosse una semifinale di Champions – e via.

Dispiace solo per i lettori del Corriere dello Sport, cui il loro giornale preferito rappresenta una strana realtà, in cui la squadra che sta ammazzando il campionato viene relegata in un sottotitolo cinque volte più piccolo del titolone di Allegri per un record che, di solito, vale il box dentro a un pezzo, non certo una prima pagina. Sembra uno di quei Gp di Formula 1 in cui Verstappen non viene mai inquadrato perchè dopo due giri è già troppo avanti e lo si vede un’oretta e mezzo dopo sul podio, che quasi ti viene da chiedere se davvero c’era anche lui in una gara in cui ti hanno fatto vedere tutti i cambi gomme e gli scazzi tra Stroll e Magnussen per il tredicesimo posto.

In questo, i giornali li capisco. Bisogna tenere alto l’interesse di un campionato dove la protagonista è una sola e le altre diciannove fanno e disfano. Anche la Gazza, disperatamente, ci ha provato trovando un record per il povero Vlahovic: nel 2024 ha segnato più di Haaland e Mpabbè. Beh, sapete come si fa, no? Dai una controllata ai vari campionati europei, cerchi tra i cannonieri quelli che stanno segnando poco, tipo Haaland che non ha fatto gol per un mese e mezzo, e ci fai la tabellina propiziatoria.

“Scusa, ma nel 2023 com’era andata? No, chiedo per un amico”.

Nel 2023? Ecco, i soliti malpensanti. Nel 2023 Vlahovic non aveva i soldi per prendere il taxi, la tintoria non gli aveva portato il tight, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette!

“Ma quando pubblicate la tabella ultimi mesi 2023 + primi due mesi 2024? Scusa, ma il mio amico rompe il cazzo”.

Vabbe’, ma chi se ne frega? Lautaro ce l’abbiamo noi. Comunque anche la Gazza ha dedicato 5 pagine a Juve-Frosinone: quasi mi sto convincendo che sia stato un partitone. Del resto tra gente che si abbracciava tipo catasta umana e altri che piangevano, forse su Juve-Frosinone ci stanno nascondendo qualcosa. Oppure – se lo dicono i giornali – siamo noi che non capiamo una sega di pallone, uno sport sicuramente in declino se la Juve – la Juve! – è a meno 9 con asterisco.


(per l’angolo Podcast, giunto all’episodio #47, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tenete conto che è pur sempre il podcast dell’interismo moderno e che l’Inter sta dominando la scena del calcio italiano, europeo e universale. Non vedo perché dovreste divagare) (ma se divagate va bene istéss)

(il podcast , oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Potrei considerarla come un’intrinseca adesione allo juventinismo)

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The sunshine family

Siccome ogni partita sembra aggiungere qualcosa alla narrazione di questa finora pazzesca stagione dell’Inter, di questa vittoria per 4-0 a Lecce magari non resterà traccia nei libri di storia e forse nemmeno nel racconto di questo campionato, eppure sembra l’acme dell’immensa positività sprigionata in questa stagione. Poteva essere una partita complicata, con la Juve che era tornata a vincere (di culo) e con un nostro accentuato turnover, e non lo è stata per niente. E’ la decima vittoria di fila nel 2024, la terza partita consecutiva con 4 gol segnati, il 22esimo clean sheet su 35 partite, il 100esimo (e il 101esimo) gol di Lautaro in serie A (Lautaro che ha fatto il suo record di gol in campionato con 13 partite ancora da giocare).

Siamo fortissimi. Siamo fortissimi tutti. Oggi l’Inter ha funzionato come se giocasse la formazione tipo, e invece ne mancavano sei all’inizio e poi ci sono stati i cambi e niente, abbiamo vinto 4-0 con una naturalezza e una facilità che ogni volta ci incanta, si giochi con la Juve o con il Lecce, con la Roma o con il Monza. Tutto ci viene facile.

Ascolta “Orio poco Serio” su Spreaker.

La foto dice molto. Siamo una squadra che sorride. Sì, certo, è facile sorridere quando tutto va bene. Ma in quest’Inter è vero anche il contrario: è facile andare bene quando tutti sorridono. C’è un’unità di intenti che a volte è strabiliante. Sorridono i titolarissimi e sorridono le riserve. Non c’è stata una sola volta in cui un giocatore subentrato lo abbia fatto con un minimo di sufficienza. Sorridono tutti: nello spogliatoio, in campo, alle feste di compleanno, sul treno, in aereo. Sorride Klaassen, che non gioca quasi mai. Sorride Frattesi quando esce ed entra Akinsanmiro, che sorride.

Questo è il capolavoro assoluto di Inzaghi. Tutti si sentono coinvolti e la squadra è un meccanismo che gira alla perfezione. Sta riuscendo ad avere il meglio da tutti: un classico segnale da anno buono, in cui però la mano dell’allenatore è evidente. Inzaghi merita questo scudetto forse più di tutti per essere stato il valore aggiunto di una stagione finora indimenticabile: ci ha riportati sul tetto d’Italia e di Europa, il campionato regalato due anni fa al Milan adesso può diventare solo un brutto ricordo. Il suo marchio è questa Inter, una delle più belle mai viste.

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Noi ci siamo

Salita al livello superiore, il livello Champions, l’Inter ha fatto l’Inter, che è la cosa che le riesce meglio. Ventunesimo clean sheet su 34 partite stagionali, quarto su 7 partite di Champions, l’Atletico Madrid non ha fatto un tiro nello specchio della porta. Però le cifre non raccontano il livello Champions, non raccontano la fatica di giocare contro squadre come l’Atletico – club che il livello Champions ce l’ha nel sangue, con un allenatore che in Champions ha 100 presenze in panca – e di tenere il loro ritmo, la diversa tensione, la necessità di una concentrazione sempre al massimo. La mentalità. E l’Inter ce l’ha, è evidente, ne dobbiamo andare orgogliosi.

Ascolta “Lo zio di Arnautovic” su Spreaker.

Poi vabbe’, siamo di fronte a una partita imperfetta, vinta con merito ma non con il risultato giusto, che doveva/poteva essere il 2-0 che non c’è stato. I gol si segnano e si sbagliano, Arnautovic c’è arrivato tre volte a tanto così prima di mettere quello decisivo: a mente fredda la sua può essere giudicata una gran partita, perchè in 45 minuti ha avuto 4 palle gol (una, poi, se l’è inventata lui) (fosse finita 0-0 sarei sicuramente meno conciliante, diciamo). E comunque che grande risposta oggi dai cambi, che hanno spostato nel secondo tempo l’equilibrio della partita. In fondo, abbiamo superato indenni una partita quasi dannosa di Calhanoglu e Mkhitaryan: l’Inter – tutta l’Inter – è a livello Champions.

Tra due settimane sarà un bell’esame, ma abbiamo i mezzi e la serenità giusta per affrontarlo. Speriamo che Thuram non si sia fatto nulla di grave, il resto è nelle nostre mani. La prima mezz’ora ci ha fatto assaggiare il livello Champions, poi l’Inter si è calata nel ruolo della squadra che è: la squadra che dopo mezz’ora si stufa di giocare a scacchi e le partite prova a vincerle. Avanti così, la strada è giusta. La palla è rotonda, ma la strada è giusta. Forza Inter.

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(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tenete conto che è pur sempre il podcast dell’interismo moderno e che l’Inter sta dominando la scena del calcio italiano, europeo e universale. Non vedo perché dovreste divagare) (ma se divagate va bene istéss)

(il podcast con 45 episodi ha inaspettatamente mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua e al Grammy categoria Rivelazione dell’anno. Oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. I vostri genitori hanno anche figli illuminati?)

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L’uomo che non c’era

Andy Brehme avrà sempre un posto nell’immaginario collettivo nerazzurro. Così come parleremo in eterno del sinistro di Corso, del baffo di Mazzola, del coast to coast di Berti, della rovesciata di Djorkaeff, della doppietta di Milito (seguono 200 altri esempi, tutti lucidamente scolpiti nelle nostre povere menti malate di Inter), Brehme resterà nei nostri cuori come uno dei migliori acquisti della storia nel rapporto qualità-prezzo-rendimento, forse uno dei top 5 di sempre prima dell’era dei parametri zero. Infilato dal Bayern nell’affare Matthaeus perché sbolognandocelo risolvevano un problema, *

*) una felice intuizione replicata 35 anni dopo con Pavard

si rivelò per noi l’uomo che non c’era. Il Trap – dopo la sòla Madjer tamponata con Diaz – fu felice di impiegare il terzo slot per lo straniero con un titolare della Germania Ovest certamente meno fascinoso di Lothar ma con una disponibilità tattica che gli risolse quei pochi problemi che aveva. Brehme – un clamoroso esempio di giocatore totalmente ambidestro – si impose a Milano come uno dei migliori terzini sinistri del mondo, giocando quattro ottime stagioni, almeno due formidabili (con il Mondiale di Italia ’90 di mezzo di cui fu superprotagonista, con tre gol compreso il rigore che decise la finale con l’Argentina) e spendendo da noi i suoi anni migliori. Nell’Inter dei record, Brehme fu una specie di uovo di Colombo. C’era una casella da riempire e la riempì lui, amplificando la resa di tutta la squadra.

Alla nascita del piccolo mito di Andy Brehme (quando Dimarco crossa bene, chi mai ci viene in mente?) ha contribuito il fatto che si è imposto da noi in un ruolo – anzi, forse IL ruolo – in cui negli anni a seguire avremmo visto più fenomeni da baraccone che campioni. Abbiamo avuto a fasi alterne grandi attaccanti, grandi centrocampisti, grandi difensori, grandi portieri. Sulle fasce il rapporto tra buoni/non buoni è molto più sbilanciato al negativo. Ogni volta che abbiamo visto grandi esterni vestire la nostra maglia è stata come un’epifania. Ogni volta che da San Siro, specialmente al primo arancio, non si alza un brusìo al primo stop sbagliato di un esterno, mi do un pizzicotto sulla guancia: “Oddio, sarà l’Eletto?”. Ogni tanto càpita. Con Brehme era capitato. Bruttarello, tracagnotto, eppure magnifico.

Ha avuto una vita sfortunata, una di quelle fasi post-agonistiche in cui qualche giocatore – un po’ per sfiga, un po’ per eccesso di generosità, un po’ per autodistruzione – finisce per perdersi, anche se il peggio sembrava ormai alle spalle. Però se n’è andato a 63 anni e non c’è cosa più crudele per uno che pensava di godersi gli ultimi anni in un altro modo. Era nato il 9 novembre, che è la data della caduta del Muro. Quel giorno compiva 29 anni ed era un giocatore dell’Inter (anche se fisicamente penso fosse in Germania, c’era la pausa per le nazionali). Ha giocato per due diverse Germanie, che è un po’ da supereroe. E’ stato un grandissimo esterno sinistro dell’Inter e anche questo, sì, è decisamente da supereroe.

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(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tenete conto che è pur sempre il podcast dell’interismo moderno e che l’Inter sta dominando la scena del calcio italiano, europeo e universale. Non vedo perché dovreste divagare) (ma se divagate va bene istéss)

(il podcast con 45 episodi ha inaspettatamente mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua e al Grammy categoria Rivelazione dell’anno. Oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. I vostri genitori hanno anche figli illuminati?)

Ascolta “Cielo! Cholo e Cholito” su Spreaker.

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Dr Jekyll & Dr Jekyll

L’Inter bifronte dello scorso anno – perfetta nella coppe (tre finali, due vinte), disastrosa in campionato (12 sconfitte su 38 partite) – visse il suo momento totalmente Jekyll-Hyde proprio in questo preciso periodo, quello del ritorno in Europa. Tra l’andata degli ottavi col Porto (22 febbraio) e il ritorno dei quarti col Benfica (19 aprile), due mesetti scarsi, l’Inter passò appunto due turni di Champions (qualificandosi per le semifinali con il Milan) e mise le basi per la finale di Coppa Italia, pareggiando 1-1 l’andata della semifinale a Torino con la Juve. La stessa Inter che avanzava trionfante in due coppe, in campionato faceva totalmente cagare. In quei due mesetti giocammo in Serie A sette partite: 1 vinta, 1 pareggiata e 5 perse, un disastro immane (5 punti in sette partite) al termine del quale ci trovammo semifinalisti in Champions e virtualmente fuori da quella successiva: la sera di Inter-Monza (io c’ero) (sospiro), trentesima di campionato, eravamo quinti in campionato e, quel che peggio, in caduta libera.

Ascolta “Cielo! Cholo e Cholito” su Spreaker.

A rileggerli uno dopo l’altro, i risultati di quei due mesi danno l’idea delle montagne russe su cui viaggiavamo: Inter-Porto 1-0, Bologna-Inter 1-0, Inter-Lecce 2-o, Spezia-Inter 2-1, Porto-Inter 0-0, Inter-Juve (campionato) 0-1, Inter-Fiorentina 0-1, Juve-Inter (Coppa Italia) 1-1, Salernitana-Inter 1-1, Benfica-Inter 0-2, Inter-Monza 0-1, Inter-Benfica 3-3.

Per la cronaca, dopo questa serie spaventosa, vincemmo 7 delle ultime 8 in campionato, 2 su 2 in Coppa Italia e 2 su 3 (sospiro) in Champions: dal 23 aprile al 10 giugno (sospirissimo) il ruolino di marcia fu 11 vinte, 0 pareggiate e 2 perse.

Non c’è nessun paragone possibile con l’Inter di quest’anno. Ma forse, possiamo trovare una continuità tra l’Inter 2023, quella dal 23 aprile in poi, e l’Inter 2024: una squadra che da 10 mesi ha un ruolino di marcia mostruoso. Abbiamo sempre datato il nostro cambiamento di profilo dal 10 giugno, da una finale di Champions persa da totali underdog ma giocata alla pari (anzi, un briciolo meglio) con i naturali favoriti, la squadra più forte dell’universo che si è cagata in mano di fronte all’occasione della Storia e in definitiva è stata salvata da Lukaku da un possibile epilogo alternativo a quello ufficiale. Ma forse, rivista l’intera timeline, dovremmo datare la nostra metamorfosi almeno un mese e mezzo prima, quando ci siamo preparati ad affrontare l’Armageddon con il Milan. Quella che è scesa in campo il 10 maggio nella prima semifinale era una squadra già diversa da tutto quello che avevamo visto prima e molto simile a quella che avremmo visto dopo.

Quest’anno distinguere l’Inter di campionato dall’Inter di coppa è più difficile. Se proprio vogliamo, scendendo ai particolari minimi, l’Inter di coppa è forse un pochino al di sotto. Se siamo andati in difficoltà quest’anno è stato soprattutto nelle coppe: la doppia partita con i baschi, il primo tempo di Lisbona, i supplementari con il Bologna. Certo, parliamo di qualche perla di sudore in più nel bilancio di una stagione superlativa. E comunque adesso si resetta tutto: chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, Inter e Atletico Madrid si affrontano da zero in un doppio confronto, stop, in numeri non contano più.

Dicono che i Colchoneros sono cambiati, hanno altre attitudini, altri schemi, altri uomini rispetto al loro periodo migliore. Teniamone conto, ok, ma non è questo il punto. L’Inter deve continuare a fare l’Inter di questa stagione, a essere l’Inter di questa stagione. Deve continuare ad affrontare gli avversari con lo stesso atteggiamento, la Salernitana e la Juve, il Monza e l’Atletico Madrid, recitando il copione che sappiamo recitare meglio, mettendo in difficoltà gli altri con le armi che ci piace usare di più. E che vinca il migliore: a rispondere come faceva Rocco, questo è certo, è il Cholo, mica il Demone di Piacenza.

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Carnage

Se Inter-Salernitana si è rivelata uno spottone per un sollecito ritorno della Serie A a 18 squadre, è stato più per merito dell’Inter che non per demerito della Salernitana. Cioè, mettetevi nei loro panni: da ultimi in classifica cambiano l’allenatore e vanno a giocare in casa della prima in classifica alla vigilia degli ottavi di Champions. Una speranziella (faranno giocare le riserve, avranno in mente l’Atletico Madrid) l’avranno sicuramente avuta. Inzaghi (Simone, il nostro) li accoglie facendo un turnover ridottissimo e tenendo alta la tensione, trattando la Salernitana non come l’ultima in classifica ma come un avversario da affrontare e possibilmente sconfiggere.

Risultato: un massacro.

Raramente si è visto una partita così sbilanciata (tiri 21-1, cross 45-1, corner 18-0, possesso 73-27) e da mio divano quasi mi si stringeva il cuore per la Salernitana. Quando li inquadravano erano sinceramente sconvolti. Forse non si aspettavano che l’Inter non avrebbe minimamente preso sottogamba l’impegno, che era quello di cui tutti avevamo un po’ paura. Però l’Inter quest’anno è così, sorvola meravigliosamente i nostri timori, ci va vergognare di averli avuti. Anche se non è tutta colpa di noi tifosotti. Cioè, uno guarda le interviste prepartita, appare Marotta che dice che “questa partita solo sulla carta è facile ma nasconde insidie tremende”, e allora un po’ di cagozzo di sovviene.

Allora facciamo che diventi un rito scaramantico quello di aggiornare la sera della partita un ruolino di marcia sempre più impressionante. Mentre noi nutrivamo qualche timido dubbio sul match con la Salernitana, l’Inter lo ha vinto con una superiorità imbarazzante: e fanno 20 vittorie su 24 partite, 14 nelle ultime 16, 15 volte senza prendere gol, con il capocannoniere del campionato che ne ha già messi 20 (terzo anno di fila) e superando Icardi diventa a soli 26 anni l’ottavo marcatore della nostra storia.

Anche con la Salernitana – stadio strapieno – l’Inter ha messo in campo la solita strabordante voglia di giocare, che si traduce in ritmi e trame insostenibili per i poveri avversari. Le insidie tremende noi le trattiamo così: le preveniamo. Adesso si torna in Europa, giusto per sottoporci a un test interessante: la nostra bellezza quanto vale al cambio della Champions?

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I re di Roma

Avete per caso (intra)visto Big Rom? Ecco. Lukaku è quello che l’anno scorso in campionato eravamo noi: un tipo ambizioso che scompare nelle grandi occasioni. Lukaku è andato altrove a scomparire, scomparendo contro di noi due volte su due quando lo abbiamo ritrovato, e noi abbiamo cambiato profilo. Negli ultimi 23 giorni, tra Supercoppa e Serie A, abbiamo giocato cinque partite e le abbiamo vinte tutte. Lazio, Napoli, Fiorentina, Juve, Roma, demolite una dietro l’altra giocando a San Siro una volta sola. Cinque scontri diretti vinti, come tutti gli altri da agosto a oggi, fatta eccezione per il pari all’Alluminium. Vittorie, vittorie come se piovesse (tipo a Roma). Fanno 19 su 23.

Ascolta “Vecjo Friul, Salerno-Reggio Calabria e ritorno” su Spreaker.

Eppure non siamo sazi, e neppure troppo tranquilli. Non riusciamo mai a rilassarci . Sarebbe interessante fare un sondaggio fra tutti gli interisti e sapere cosa pensavano esattamente tra il primo e il secondo tempo di Roma-Inter, avendo visto la squadra prendere due gol in quarto d’ora dopo averne presi quattro in totale nelle precedenti 11 trasferte. La Roma rigenerata, l’Inter un po’ distratta nel pantano. Con quali percentuali eravamo divisi tra speranzosi, ottimisti, basiti, preoccupati e catastrofisti?

Io, per esempio, ho dubitato. Mi si è riavvolto il nastro dell’ultima settimana e ho pensato: ecco, ci siamo scaricati un po’, ci sta. Dopo la Juve, dopo aver affermato chi è il più forte – noi -, ci stiamo prendendo una pausa. Invece la pausa è durata appunto 45 minuti. Dopo l’intervallo siamo tornati quelli veri. E non ce n’è mai per nessuno, se siamo quelli veri.

Ascolta “Roma-Inter no comment” su Spreaker.

Quindi scusami, Inter, se ho dubitato.

E’ stata una partita strana, un saliscendi continuo finchè siamo saliti noi e siamo restati su. E’ finita con una scena che ci restituisce nella nostra interezza, e forse un pochino oltre: sotto la pioggia a pressare al 95′, avanti di due gol. Meravigliosi. Manca una partita in meno alla fine del campionato, un altro scontro diretto è già in archivio. Pioveva che Iddio la mandava e a me pareva ci fosse l’arcobaleno, un arco azzurro e nero da porta a porta, una melodia diffusa, sorrisi, batticuori, abbracci. E in quel momento mi sono ricordato che, in effetti, tifo Inter fin da quando ero bambino.


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tenete conto che è pur sempre il podcast dell’interismo moderno e che l’Inter sta dominando la scena del calcio italiano, europeo e universale)

(il podcast con 42 episodi ha inaspettatamente mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua e al Grammy categoria Rivelazione dell’anno. Oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Sono i limiti della democrazia)

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Grazie dei fior

Sì, ok, il contratto di Lautaro, la realtà parallela della Juve, la concentrazione da mantenere nonostante il vantaggio con asterisco, eccetera eccetera. Ma è quanto mai il momento di affrontare un argomento che nessuno prende nella giusta considerazione: qual è l’influenza del Festival di Sanremo sull’Inter?

(questo blog, animato da uno spirito di servizio ormai proverbiale, vi propone chiavi di lettura che la critica mainstream trascura. Cioè, tenetene conto: siete dei privilegiati)

In pratica: come va l’Inter nella settimana di Sanremo? La squadra ha un calo quando i giocatori fanno le ore piccole per guardare il Festival? O l’overdose musicale alleggerisce gli animi? Vediamolo.

Ascolta “Decubito” su Spreaker.

Allora, piccola spiega preliminare: ho preso in considerazione gli ultimi 10 anni, giusto per fare cifra tonda. La partita dell’Inter è quella che si gioca nella settimana di Sanremo (il Festival va in onda dal martedì al sabato: nel computo entrano le partite giocate anche la domenica, peraltro fortemente condizionate dal fatto che i calciatori magari fanno le tre di notte per sapere chi ha vinto). Le partite sono 11 e non 10 perchè un anno, come vedrete, nella settimana di Sanremo si giocò anche un turno infrasettimanale.

2023. Festival 7-11 febbraio (conduttore Amadeus), vincitore Marco Mengoni. Sampdoria-Inter 0-0.

2022. Festival 1-5 febbraio (conduttore Amadeus), vincitori Mahmood e Blanco. Inter-Milan 1-2 (Perisic, Giroud, Giroud).

2021. Festival 2-6 marzo (conduttore Amadeus), vincitori Maneskin. Parma-Inter 1-2 (mercoledì, Sanchez, Sanchez, Hernani), Inter-Atalanta 1-0 (domenica, Skriniar).

2020. Festival 4-8 febbraio (conduttore Amadeus), vincitore Diodato. Inter-Milan 4-2 (Rebic, Ibrahimovic, Brozovic, Vecino, De Vrij, Lukaku)

2019. Festival 5-9 febbraio (conduttore Claudio Baglioni), vincitore Mahmood. Parma-Inter 0-1 (Lautaro).

2018. Festival 6-10 febbraio (conduttore Claudio Baglioni), vincitori Ermal Meta e Fabrizio Moro. Inter-Bologna 2-1 (Eder, Palacio, Karamoh).

2017. Festival 7-11 febbraio (conduttore Carlo Conti), vincitore Francesco Gabbani. Inter-Empoli 2-0 (Eder, Candreva).

2016. Festival 9-13 febbraio (conduttore Carlo Conti), vincitori Stadio. Fiorentina-Inter 2-1 (Brozovic, Borja Valero, Babacar).

2015. Festival 10-14 febbraio (conduttore Carlo Conti), vincitori Il Volo. Atalanta-Inter 1-4 (Shaqiri, Maxi Moralez, Guarin, Guarin, Palacio).

2014. Festival 18-22 febbraio (conduttori Fabio Fazio e Luciana Littizzetto), vincitrice Arisa. Inter-Cagliari 1-1 (Pinilla, Rolando).

Diciamo che il periodo di Sanremo fa abbastanza bene all’Inter: in queste 11 partite dell’ultimo decennio il bilancio è di 7 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte, un bilancio da buona zona Champions/Europa League. 6 partite giocate in casa (4-1-1) e 5 in trasferta (3-1-1). Solo tre i clean sheet, ma anche solo una la partita in cui non abbiamo segnato (proprio quella di un anno fa).

Ma veniamo alla partita di sabato, Roma-Inter, cercando di fare delle ipotesi sanremesi. Nell’unico Sanremo che si è tenuto negli stessi giorni di quest’anno (6-10 febbraio) abbiamo vinto, ma in casa. Non ci sono precedenti con la Roma. In compenso, avrete notato che nei marcatori compaiono spesso gli ex: Palacio ha segnato per noi ma anche contro, Pinilla l’abbiamo portato noi in Italia ma ci ha punito, Borja aveva segnato per la Fiorentina prima di venire da noi. E purtroppo – è giusto affrontare la cosa senza falsi pudori – sappiamo che tra i marcatori c’è anche un altro ex, uno che oggi gioca nella Roma, uno grande e grosso, che pagherebbe la cacio e pepe a tutta la tribuna Montemario per infilare Sommer.

Ora, andando nel campo dei pronostici, parliamo per prima cosa di Sanremo. Sono 10 anni che non vince una donna (il patriarcato c’è anche al Festival: vincono uomini singoli, uomini in duo, uomini in trio, uomini in gruppo e le donne mai, l’ultima a vincerne un pezzetto è stata la bassista dei Maneskin) e quest’anno sembrerebbe la volta buona: le favorite sono quasi tutte donne, Annalisa, Angelina Mango, la Amoroso, la Bertè, mi sa che ci siamo. Nell’unico precedente degli ultimi 10 anni in cui ha vinto una donna, Arisa, noi abbiamo pareggiato con gol dell’ex.

Quindi, incrociando tutti i vari dati disponibili: Roma-Inter 1-1, gol di Lukaku e Pavard *

*) ovviamente sto scherzando. Ma se per caso dovesse mai finire così, voglio una percentuale sulle vostre vincite, il premio Nobel della statistica, il premio Pulitzer e il Grammy Award categoria boomer calcolatori.


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tenete conto che è pur sempre il podcast dell’interismo moderno. Cioè, sulle rivendicazioni degli agricoltori sui pesticidi non siamo preparatissimi)

(il podcast con 42 episodi ha inaspettatamente mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua e al Grammy categoria Rivelazione dell’anno. Oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Vabbe’, stendiamo un velo pietoso)

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