
Se Edward Murphy e Antonio Candreva fossero stati contemporanei, oggi saremmo qui a parlare di un’altra legge (ormai tendo a esprimermi anche nella vita comune come Simone Inzaghi, e questo potrebbe portarmi verso uno sprofondo i cui confini faccio fatica a definire). A Salerno, dopo i soliti gol sbagliati nelle maniere più creative, era chiaro – lo era dall’inizio – che lo avremmo preso in quel posto. E fra tutti i modi possibili di prenderlo in quel posto, ce n’era uno, uno soltanto, che avrebbe potuto ferirci, danneggiarci e punirci più di ogni altro: un gol su cross sbagliato di Antonio Candreva.
Il cross sbagliato di Antonio Candreva è come il movimento Cassina di Igor Cassina: è una cosa ben precisa, codificata, unica. Candreva, come un miliardo di crossatori prima di lui, fa cross giusti e cross sbagliati. Ma è all’Inter che Candreva ha messo a punto il suo movimento Cassina, cioè il cross sbagliato di Antonio Candreva, il suo brand, ripetendolo quel tanto che bastava (sottolineo l’aggettivo, pronome, congiunzione e avverbio tanto) per dargli quella che a suo modo può essere definita una certa perfezione.
Quindi, quando un cross sbagliato di Antonio Candreva – oggi tesserato per un’altra squadra – si è andato a infilare nella nostra porta, mentre tutti guardavamo quella parabola pensando all’unisono “ma porca di quella puttana, non mi dire che”, hanno clamorosamente preso sostanza due leggi che ci affliggono da settimane, forse mesi: 1) se non chiudi la partita, essa sarà riaperta, e 2) se qualcosa può andare storto, esso lo farà.
Ci sarebbe poi una terza legge, che non ha ancora un nome, e che se andiamo avanti così ne avrà uno legato ai nostri colori: 3) cazzo, se non segni quei gol lì che li farei anch’io, ma vattene affanculo.
Ora, data per scontata la sussistenza di queste tre leggi, come la mettiamo con Lisbona?
La legge n. 1 e la legge n. 3 sono fortemente legate. Sarebbe una gran cosa – non so come, ma potrebbe accadere – se a Lisbona ci trovassimo in condizione di dover chiudere la partita, perchè vorrebbe dire che siamo andati in vantaggio. Mentre sarebbe una tortura vedere la squadra arrivare più volte a dare il colpo di grazia e non darlo mai, come ormai è diventata la regola in campionato. Ma qui, appunto, siamo nel campo della realtà, del tecnico, delle situazioni abituali.
La legge n. 2 ci pone su un altro piano, quello del paranormale.
Perchè tutti noi sappiamo che la Salernitana aveva un Candreva e Candreva aveva un suo movimento Cassina e – ma tu guarda che rogna – Candreva ha fatto il suo movimento Cassina alla perfezione contro di noi dopo averlo perfezionato con noi (insomma, mi sono spiegato). E tutti noi sappiamo che il Benfica ha un suo Candreva, che con noi ha perfezionato il suo movimento (il suo non-movimento) e che domani potrebbe fare il suo numero migliore contro la squadra più adatta per fare incazzare sette milioni di persone in un colpo solo.
(faccio un inciso. Qui mi sto dibattendo nel campo minato della scaramanzia. Meglio fare finta di nulla o meglio dire le cose come stanno con il rischio che poi ti dicano che hai menato una sfiga poderosa?) (scelgo la seconda, è più divertente).
Joao Mario è il David Copperfield del manto erboso. La differenza con Candreva è sostanzialmente una: Candreva ha messo a punto il suo numero a Milano, mentre Joao Mario lo ha studiato a Milano e completato a Lisbona. Da noi, Joao Mario spariva, ma poi non riappariva, gettando sconcerto tra di noi. Al Benfica, Joao Mario scompare e poi riappare al momento giusto, gettando sconcerto tra gli avversari.
In questo, a Candreva possiamo rimproverare l’ingratitudine ma non l’onestà intellettuale: lui una cosa la sa fare bene e l’ha fatta per la sua nuova squadra. Joao Mario invece si pone su un piano più subdolo: ci aveva fatto vedere metà del suo numero, la più sciapa, e adesso potrebbe farci vedere l’altra metà, quella che gli riesce bene dopo anni e anni di studio. Ce la potrebbe far vedere contro di noi.
Vabbe’, ho voluto disegnare questo scenario spaventoso per non pensare a un altro scenario ancora più spaventoso: quello di una squadra alla deriva, in caduta libera in campionato, con qualcuno che quasi gioca contro, con la Juve che quasi ci raggiunge senza che nemmeno gli serva la revoca della penalizzazione. In questo quadro, la prospettiva che dopo il movimento Candreva ci aspetti il movimento Joao Mario (una zampata dal nulla) la trovo a sua modo stuzzicante. Perversamente, soavemente stuzzicante.