
Dovessimo spiegare l’Inter di quest’anno a un uditorio di gente ignara, cosa faremmo? Certo, proietteremmo gli highlights di un derby vinto 5-1, oppure quelli della lezione di calcio alla Fiorentina, oppure quelli delle vittorie in trasferte più che ostiche (Napoli, Lazio, Atalanta). E spiegheremmo così la classifica al termine del girone di andata, che ci vede primi con 48 punti (su 57 teorici) (no, dico) e campioni d’inverno (e quindi, statisticamente, con in tasca due terzi di scudo) (sempre teorico, eh?), tutto questo ottenuto giocando e segnando, cioè inseguendo il bello prima ancora del risultato (che estasi, poi, quando le cose coincidono).
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Dopodiché – qui la faccenda diventerebbe complicata, trattandosi di gente ignara – prenderei il microfono per spiegare come si vincono i campionati: cioè con partitacce tipo Inter-Verona.
Al che uno degli ignari, uno di quei saputelli che si siedono davanti, di sicuro alzerebbe la mano per chiedere la parola:
“Scusa amico mio, ma non vi stavate vantando di brutto per le partite che ci avete fatto vedere prima? Adesso mi vieni a dire che il campionato si vince con partite tipo Inter-Verona, che avete rischiato di non vincere in casa contro la terzultima in classifica, da cui vi siete fatti rimontare pur schierando la formazione tipo, e che alla fine avete portato a casa con una sceneggiatura neurodeliri, con loro che sbagliano un rigore al centesimo dopo che voi avete segnato al 93′?”
“Sì”.
“A proposito: eri tu quello che si rotolava davanti al televisore manco avesse segnato Milito il 3-0 a Madrid di tacco al volo su cross dalla trequarti?”
“Sì. Altre domande?”
(brusio)
Sebbene ti facciano perdere alcuni anni di vita e chili di dignità, sono queste le partite che ti fanno vincere il campionato, o che almeno ti dicono che potrebbe essere l’anno buono. Torno su un argomento già affrontato: a furia di vincere partite per manifesta superiorità e a furia di collezionare clean sheet, questa meravigliosa Inter rischia di perdere il contatto dalla realtà di un calcio terreno in cui le avversarie non sempre stanno a guardare, in cui non fai necessariamente 25 tiri in porta ma te ne vengono 5, in cui puoi essere stanco e/o nervoso eccetera eccetera. Il calcio non è una camera sterile dove tutto riesce alla perfezione. Il calcio è anche fango, sudore, bile, pessime idee, gomitate, sputi eccetera eccetera.
Nelle ultime sei partite (4 di campionato, 1 di Champions, 1 di Coppa Italia) giocate negli ultimi 25 giorni, l’Inter è arrivata per quattro volte al 90° sul risultato di parità. Ha vinto con Lazio e Lecce, con più di un gol di scarto. Ma nelle altre quattro occasioni (Real Sociedad, Bologna, Genoa, Verona) al 90° eravamo in parità: 0-0 in casa con i baschi (poi anche risultato finale), 0-0 in casa col Bologna (1-2 il finale all’overtime), 1-1 col Genoa (poi anche risultato finale), 1-1 con il Verona (2-1 risultato finale, loro sbagliano il rigore del 2-2).
Questo vuol dire qualcosa? Visto che è successo con Bologna, Genoa e Verona, secondo me sì. Ma anche a prescindere dalle avversarie.
Significa che non siamo i rulli compressori di qualche settimana/mese prima, e in sè non è un dramma. Semplicemente, le cose vanno così. La statistica, tra l’altro, ci dice che stanno andando ancora strabene. Il bioritmo fisico e calcistico ci dice invece che qualcosa si è inceppato. Ma, appunto, non c’è da disperarsi: in un campionato che dura 9 mesi le cose vanno sempre così, più o meno. La virtù di una squadra si misura da come porta a casa il culo in circostanze come questa: la partita con il Verona ci deve porre legittimi interrogativi e darci significative preoccupazioni. Ma siccome in classifica segniamo 3 punti (come per il 5-1 al Milan, uguale) la morale è che – Juve docet – il risultato prima di tutto, poi il resto.
E vi spoilero il seguito: le prossime 19 saranno tutte così, più o meno. Buon proseguimento.